Il Punto di Mauro Masi. Il business della raccolta dei diritti d’autore: necessario affidarsi a società autorevoli

Il Global Music Report 2016 dell’Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry  l’organizzazione  che rappresenta gli interessi dell’industria discografica a livello mondiale) registra un evento, a suo modo, storico: nel 2015 per la prima volta nel mercato musicale mondiale la prima fonte di incassi (il 45% del totale) è stato il comparto digitale superando i ricavi derivati da formati fisici (39%) e dalla musica dal vivo (14%).

Stiamo parlando di un business che ammonta totalmente a più di 15 miliardi di euro annui (in Italia circa 148 milioni) e dove cresce in maniera esponenziale il comparto streaming la musica ascoltata attraverso il Web, un settore letteralmente esploso (anche da noi in Italia: il 41% del totale) con l’avvento dello smartphone.

Tutto ciò implica una conseguenza non immediatamente percepibile dal grande pubblico ma ben presente al business: cresce sempre più l’importanza degli introiti da  “royalties” cioè dei proventi da diritto d’autore (per molto tempo considerati irrilevanti e trascurati dalle case discografiche quando il mercato era tutto conchiuso dai ricavi provenienti dalla vendita di dischi, cassette, CD).

Da qui un’altra conseguenza: una rinnovata grande attenzione alla struttura tecnico/giuridica nonché agli assetti proprietari degli enti/società di “collecting” quelle società cioè che raccolgono i diritti su mandato degli autori. La tematica, che in questo momento è “calda” in tutto il mondo, lo è particolarmente in Italia perché,  proprio in questi giorni, è in esame in Parlamento la conversione in legge nazionale della cosiddetta Direttiva Barnier dell’UE che impone (con modi e tempi scelti dai Legislatori nazionali) agli Stati membri di rendere possibile agli artisti di scegliere su base europea a chi affidarsi per tutelare e gestire il diritto d’autore sulle proprie opere.

Come noto, da noi esiste da oltre 130 anni il monopolio del collecting da parte della SIAE con tutti i ben noti pregi e difetti che ciò comporta (il dibattito sul si o no al monopolio è vecchio quasi quanto la SIAE stessa). Il Ministro Franceschini, intervenendo in Parlamento, ha già peraltro segnalato quanto sia importante questo ruolo della SIAE e che “la Direttiva non dice agli Stati come debbano organizzarsi al loro interno ma si limita a far riferimento all’esigenza di garantire ai titolari dei diritti di potersi rivolgere a collecting di altri Paesi europei”.