di Mauro Masi
Il duro scontro anche giudiziario tra Apple ed FBI per il rifiuto dell’azienda di Cupertino di decrittare i contenuti dell’ IPhone del terrorista che ha ucciso 14 persone lo scorso dicembre in California, sembra vada verso una soluzione inaspettata con l’FBI che, come un hacker qualsiasi, si dota di strumenti per scavalcare il rifiuto di Apple e ottiene comunque quello che vuole. Francamente se questa sarà la soluzione di un contrasto tanto, giustamente, enfatizzato su tutti i principali media mondiali, si apriranno più problemi di quanti se ne chiudono. Vedremo; intanto la vicenda non può che ampliare i dubbi su quanto ci si possa fidare di Internet. Un quesito che rimbalza in tante parti del mondo e soprattutto negli Stati Uniti in quegli ambienti dove Internet è nato e si è sviluppato: le Università e il mondo della comunicazione. Il dibattito è serrato e le posizioni sono meno scontate del solito (alcuni conservatori a favore dell’open source, alcuni liberals contro la Rete). Due anni fa le rivelazioni dell’ex (ma proprio ex?) spia Edward Snowden hanno fatto conoscere alla grande opinione pubblica programmi come Fairview, Prism, Blarney. Programmi cioè che permettono un controllo di massa sul traffico telefonico ed in Rete nonché una sorta di incredibile catalogazione sistemica di dati (per parola chiave o per altri classificatori). Ma l’aspetto diciamo così “istituzionale” delle violazioni sulla Rete si affianca ad un’incredibile crescita dei cosiddetti cyber-crimes, dei crimini e le violazioni dei diritti compiuti da privati sulla Rete e per mezzo della Rete. Secondo Symantec (una delle maggiori imprese di sicurezza informatica degli USA) i cyber-crimes costano a livello mondiale oltre 133 miliardi di dollari l’anno e toccano almeno 378 milioni di persone. Molti di questi “crimes” avvengono proprio carpendo la buona fede dei consumatori: tipico il caso (in forte crescita anche da noi in Italia) di e-mails che sembrano essere inviate da fonti credibili ed istituzionali e si rivelano poi trappole per accedere ad usernames e password da usare poi illecitamente.
Insomma la credibilità di Internet è in crollo verticale e, anche se può sembrare un paradosso, è in correlazione inversa con lo sviluppo della Rete.
Ciò, peraltro, non deve stupire più di tanto basta pensare che dubbi pesanti di credibilità minano anche alcuni dei pilastri ormai tradizionali della Rete ad esempio Wikipedia l’enciclopedia on line fondata nel 2001 e diventata il quinto sito più popolare al mondo con edizioni in 207 lingue e che conta 1600 volte più articoli che l’Enciclopedia Britannica. Che fare? La risposta ovvia sarebbe quella di definire un sistema internazionale di regole semplici e affidabili che possano garantire i contenuti sulla Rete ma i lettori di questa Rubrica sanno bene che tutto ciò, allo stato, è pura utopia.
Per ora può essere sufficiente avere la consapevolezza che la Rete è, al tempo stesso, indispensabile e inaffidabile. E regolarsi di conseguenza.