Il punto di Mauro Masi. Social network ad alto rischio: l’anonimato fa crescere il numero dei bulli sulla Rete. E sul diritto d’autore occorre far rispettare le leggi esistenti

di Mauro Masi

A cavallo dell’ estate del 2013 in questa Rubrica lanciammo una serie di articoli contro il cyber-bullismo o meglio di quella variante del cyber-bullismo che si nutre di un uso distorto e malinteso dei social network. Ci si batté in particolare sulla possibilità di operare (anche in termini di autoregolamentazione degli Internet Service Provider) perché fosse impedita, o almeno fortemente limitata, la possibilità di accesso anonimo ai social. Questo perché è l’anonimato che fomenta i malati, gli instabili o semplicemente i vigliacchi ad agire da bulli sulla Rete. La prodigiosa capacità di connessione del Web (così virtuosa in tanti casi) fa il resto e tutta una generazione di minori (soprattutto di ragazzine) è diventata oggettivamente a rischio. All’epoca la nostra iniziativa fu plaudita, attraverso il Segretario Generale del Quirinale, anche dell’allora Presidente della Repubblica Napolitano e dal Vice Ministro con delega per le comunicazioni e l’informazione. Il tempo è passato. Nuove tragedie si sono verificate, molte altre sono state sfiorate. Ora la Presidente della Commissione giustizia della Camera rende noto che la sua Commissione si accinge a chiudere il giro di audizioni sul tema e subito dopo passerà a votare il testo già approvato dal Senato. C’è tuttavia l’ipotesi di modificare il testo per introdurre un reato specifico perseguibile d’ufficio. E’ una eccellente idea, ma i tempi stringono e la drammaticità del problema cresce.

Pesanti condanne (4 e 5 mesi di reclusione, pena in un caso sospesa) per le titolari di due copisterie di Padova accusate dalla Procura della città veneta di “duplicazione abusiva di opere letterarie e scientifiche coperte dal diritto d’autore”. Era da tempo che non accadeva. Dispiace naturalmente per le interessate, ma questa è davvero una buona notizia. La reprografia (vietata oltre il 15% di ciascun volume dalla normativa vigente nel nostro Paese) è da molti considerata un reato minore mentre è, in realtà, artefice di danni gravi. E’, con tutta probabilità, la causa principale della sostanziale scomparsa dell’editoria universitaria italiana, un comparto che, nel nostro Paese, ha visto storicamente una ricca varietà di piccoli e medi editori ormai falliti. Chiunque abbia frequentato il mondo universitario in questi anni sa bene che le copie vendute di testi specifici sono una percentuale minima (si stima meno di un quarto) di quelle che girano tra gli studenti e addetti ai lavori. Naturalmente la Rete ha accentuato il fenomeno come accaduto in tutti gli altri settori del diritto d’autore. Come ben sappiamo, non basta la repressione a contrastare fenomeni così diffusi, tuttavia le leggi ci sono e, anche in questo caso, vanno rispettate.