di Clemente Pistilli
Incaricato di gestire il patrimonio immobiliare dell’Inpdap, l’istituto previdenziale per i dipendenti pubblici soppresso nel dicembre 2011 con il “Salva Italia”, si sarebbe appropriato di ingenti somme frutto degli affitti, in barba all’ente pubblico. Luciano Caruso, 73 anni, da una vita nelle società chiave dell’immobiliare italiano e impegnato a fare affari con le pubbliche amministrazioni, dopo essere stato condannato lo scorso anno sul fronte penale a Roma, per peculato, ora è stato condannato dalla Corte dei Conti a mettere la mano in tasca e a risarcire quasi 4,8 milioni di euro. Un’iniezione di denaro per le casse dell’Inps di Mastropasqua, a cui il governo Monti ha trasferito competenze e patrimoni dell’Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti della pubblica amministrazione. Caruso aveva ottenuto, con una società cooperativa a responsabilità limitata, composta dalla Ge.Fi. Fiduciaria Romana spa e dalla consortile Ge.Fi. Ciemme, aziende impegnate nell’immobiliare, una concessione per la gestione integrata del patrimonio immobiliare dell’Inpdap dal 2002 al 2004, in Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli, Trentino e Roma. Pensava a tutto la concessionaria e tutto il denaro doveva essere diretto su un conto corrente aperto ad hoc. Scattata un’indagine, è però emerso che l’imprenditore aveva aperto un proprio conto presso il Credito Cooperativo di Pitigliano, facendo transitare lì 4.430.879 euro, poi diretti nuovamente su un altro conto aperto presso Banca Intesa. Sempre il 73enne, per gli inquirenti, avrebbe prodotto all’Inpdap fatture per circa 350mila euro relative a lavori che aveva già effettuato con una precedente convenzione e alterato i risultati contabili sui flussi finanziari, sottraendo un altro mezzo milione. La Corte dei Conti ha così chiamato Caruso a risarcire 5.262.707. Il 73enne si è difeso dicendo che è lui ad attendere denaro dall’Inpdap, tanto che ha fatto causa all’ente, e che le somme contestate le aveva impiegate per i servizi necessari ai fabbricati gestiti. Niente da fare. Il 73enne, già finito nella bufera sul censimento del patrimonio immobiliare del Comune di Roma, che nel 1991 la giunta Carraro aveva affidato al “Census”, al vertice di numerose società, attualmente inserito nel gruppo “Sti”, la maggiore società italiana nel settore immobiliare, e che ha lavorato con Poste, Inps, Regione Friuli e numerosi Comuni, è stato ritenuto responsabile di danno erariale e condannato.