Il ritorno di Di Maio e il bene del Movimento. Negli undici mesi trascorsi senza la sua leadership la linea ha vacillato. Serve una guida collegiale e salda

Oggi iniziano gli Stati Generali del M5S. Selezionati online su Rousseau i trenta oratori che decideranno le sorti future dei pentastellati. Un evento in sordina che però influenzerà molto non solo la politica italiana, ma anche quella governativa, visto che i 5 Stelle sono ancora il partito più rappresentato in Parlamento. I giochi sembrano essere sostanzialmente fatti perché ha prevalso la linea voluta dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di avere una direzione collegiale con un primus inter pares, cioè lui, che comanda.

E così, Di Maio si prepara a tornare al comando, dopo aver abdicato a gennaio 2020 dal suo ruolo di “capo politico” in seguito alle sconfitte alle Regionali e alle Europee, lasciando l’interim a Vito Crimi. Undici mesi in cui si è visto come il Movimento senza di lui abbia vacillato alquanto, squassato da polemiche e liti che non hanno giovato non solo ai 5 Stelle, ma anche all’Italia in questo difficilissimo momento pandemico. Ma se si può immaginare il molto probabile vincitore si può anche delineare il molto probabile sconfitto, anzi gli sconfitti. Si tratta dell’asse costituito dall’ex deputato Alessandro Di Battista e dal Presidente della fondazione Rousseau, Davide Casaleggio.

Le polemiche che hanno visto contrapporsi il figlio del fondatore ai deputati e senatori non gli hanno giovato perché oltretutto per la prima volta a questo tipo di manifestazioni la raccolta documentale non sarà a cura della Casaleggio Associati, ma di Avventura Urbana, società specializzata esterna. Di Battista invece è marginale e a meno di fuoriuscite nocive in primis a lui stesso rientrerà nei ranghi. La fine di un’epoca. Dunque tutto tornerà come prima? Ni.

Se questa probabile conclusione verrà confermata Di Maio si sarà rafforzato rispetto al passato per due motivi. Il primo è che non sarà più un “uomo solo al comando”, ma avrà un cuscinetto politico su cui dividere le responsabilità e non è cosa da poco. Secondo, Di Maio dimostrerà che lui è l’unico capace di condurre il Movimento, visto quanto successo negli undici mesi di quarantena politica. Ci attendono tempi duri ed è meglio che il principale partito della maggioranza sia guidato con mano salda e polso virile.