Il Senato val bene l’Italicum

Di Lapo Mazzei

In principio, che poi non è nemmeno troppo tempo fa, l’idea vera era quella di abolire il Senato. L’obiettivo dichiarato era quello di cancellarlo dalla geografia parlamentare. Con il passare del tempo, però, il progetto ha cambiato colore virando dal nero seppia al grigio fumo di Londra per approdare all’arcobaleno. Il Senato non sarà abolito, ma sarà composto solo da nominati, in prevalenza consiglieri regionali, molto cari al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che così lo ha voluto. E così lo potrà controllare. Un Arlecchino con tante marionette ad animarlo. Ma solo per fare scena. Ma sono davvero queste le riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno? Oppure la riforma del Senato è solo un totem, una sorta di dazio da pagare al proprio elettorato in virtù delle promesse fatte? La sensazione che la seconda ipotesi sia predominante sulla prima prende corpo ogni giorno che passa. “#Mentreloro hanno finito il tempo, noi non abbiamo finito la pazienza. Grazie ai senatori che stanno sostenendo questa riforma #lavoltabuona”, scrive su Twitter il premier mentre l’Aula è impegnata a votare gli emendamenti sulla riforma del Senato. È del tutto evidente che l’inquilino di Palazzo Chigi, della modifica della Camera alta del Parlamento, ne ha fatto una questione personale. Che va al di là della necessità di proporre all’Europa una mazzo di carte con su scritto “fatto”, dato che Renzi considera la riforma del Senato come uno spartiacque, una sorta di Rubicone della politica. O di qua o di là.
E, tanto per capire qual è il livello dello scontro, al cinguettio del premier fa da controcanto quello di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. “Renzi stai sereno, continua così e non serviranno leggi per nominarvi da soli i parlamentari: i cittadini a votare non ci andranno proprio”, scrive su Twitter il presidente di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale. Visto il drammatico calo dei dati di affluenza alle urne, registrato alle ultime consultazioni, difficile dargli torto.

Un punto per Matteo
Nel frattempo, però, il premier e segretario del Pd porta a casa dei punti fondamentali della riforma in discussione al Senato. Con 171 no, 114 sì e otto astenuti, l’Aula di Palazzo Madama ha bocciato l’emendamento del senatore di Forza Italia, Augusto Minzolini, che ripristinava l’elezione diretta del futuro Senato e il bicameralismo perfetto. Dunque il vero scoglio che avrebbe rischiato di far deragliare il treno della Riforma è stato rimosso. Favorevoli all’emendamento M5S, Sel, Lega, i frondisti di Forza Italia e Gal, Corradino Mineo del Pd, Antonio Azzollini dell’Ncd e Mario Mauro dei Popolari. Contrari la maggioranza e Forza Italia. Come da copione in Aula non è mancato il “solito” show del solito Domenico Scilipoti, che ha dato in escandescenza, dando dei “cialtroni” ai suoi colleghi nel corso delle dichiarazioni di voto su un emendamento. Subito dopo il capogruppo di Forza Italia, Paolo Romani, ha chiesto scusa all’Aula prendendo le distanze. Scilipoti ha annunciato il suo voto in favore di un emendamento che abrogava del tutto il Senato, ed ha sostenuto che se tutti i senatori non avessero fatto la stessa scelta sarebbero apparsi come “una banda di cialtroni”. Dopo il voto, il capogruppo azzurro ha chiesto di computare il tempo concesso a Scilipoti tra quello riservato agli interventi in dissenso. Poi ha aggiunto: “Dal momento che il senatore Scilipoti ancora siede tra i banchi del mio gruppo, chiedo scusa all’Aula per le sue espressioni inappropriate”.

La vera posta
Ma è dietro al titolo ufficiale, Riforma del Senato, che nel frattempo si va giocando la vera partita.
Il premier, infatti, è tornato a parlare di Italicum, ovvero della legge elettorale che verrà. Due giorni dopo la lettera inviata ai senatori, il presidente del Consiglio nella sua e-news (a cui non ricorreva da gennaio) torna sull’argomento, visto il tentativo fallito di mediazione avanzato da Vannino Chiti. Il giorno dopo la bagarre e lo stallo del Senato sul “canguro”, Renzi lancia un altro messaggio alle minoranze per sbloccare le riforme, annunciando modifiche al testo uscito dalla Camera: “Modello legge elettorale dei sindaci: un vincitore – eventualmente con ballottaggio – che ha i numeri per governare. Se non governa è colpa sua, non ha alibi. L’Italicum va in questa direzione. È stato già approvato alla Camera. Sarà modificato dal Senato e diventerà legge definitivamente”. Un tema quest’ultimo, dato che in ballo ci sono le posizioni di molti partiti che, a seconda della soglia di sbarramento, rischiano di restare fuori dal parlamento. Ragione per la quale la Riforma del Senato rischia davvero di diventare mera merce di scambio.
Altro che rinnovamento e vento riformatore. Di fatto è già tornata la Democrazia cristiana e gli italiani non se ne sono ancora accorti. “Facciamo una sospensione, ci vediamo alle 21, riposatevi”, dice il presidente del Senato, Pietro Grasso, poco prima delle 20, interrompendo la seduta dell’aula sulle riforme costituzionali che poi si è protratta sino a mezzanotte.
Provate voi a spiegargli che il Paese non può più concedersi queste ricreazioni…