Il terrorismo non è sconfitto. Tricarico: “Siamo tutti nel mirino dell’Isis”

Parla l’ex Capo di Stato Maggiore, Leonardo Tricarico: "Nel disinteresse generale, la jihad si è riorganizzata".

Il terrorismo non è sconfitto. Tricarico: “Siamo tutti nel mirino dell’Isis”

Sta facendo discutere l’attentato a Mosca in cui i terroristi islamici hanno causato 137 morti e centinaia di feriti. Generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, che idea si è fatta della strage al Crocus City Hall?
“Abituati ad essere focalizzati sui due conflitti principali, quello in Ucraina e quello in Medio Oriente, siamo stati sorpresi di fronte a un attentato di queste dimensioni e caratteristiche. Detto questo, è evidente che il terrorismo di matrice jihadista non solo non è mai morto come qualcuno ha incautamente dichiarato ma è cresciuto nella disattenzione generalizzata. La verità è che quanto accaduto è stato un brusco ritorno a una realtà che avevamo accantonato. A riprova di ciò anche il fatto che di questo terribile attentato di Mosca è possibile rintracciare le cause scatenanti (tra cui le guerre in Cecenia e la persecuzione dei mussulmani da parte del governo di Putin, ndr) e anche le motivazioni che hanno spinto i terroristi a colpire”.

L’attentato è stato immediatamente rivendicato dall’Isis. C’è da credere a quest’affermazione?
“Per valutare l’attendibilità di una rivendicazione è necessario avere in mano tutti gli elementi, cosa che personalmente non possiedo. Di istinto e sulla base della mia esperienza mi sento di dire che in uno scenario di guerra come quello che stiamo vivendo, caratterizzato da disinformazione e operazioni ibride, è verosimile che quello perpetuato a Mosca sia stato un attentato di matrice jihadista con i terroristi che hanno colto l’occasione favorevole per sferrare questo micidiale attacco”.

Intanto il Cremlino sembra non credere ai terroristi islamici e continua a puntare il dito sull’Ucraina. Le sembra possibile un legame tra quanto accaduto e il governo di Zelensky oppure crede che i terroristi abbiano fatto tutto da soli?
“Mi sembra molto inverosimile. Chi dice che c’è l’Ucraina dietro questi attentati, deve dimostrarlo portando delle prove. Personalmente non vedo niente di tutto ciò e credo che a Putin, in questo momento, interessi accusare Zelensky così da accreditare la propria figura di presidente ‘più titolato’ per rappresentare e difendere gli interessi russi. Ma si tratta di una postura maldestra e inverosimile, quasi un autogol, che appare evidente perfino ai non addetti ai lavori”.

Putin ha vinto le recenti presidenziali puntando tutto sul tema della sicurezza. Non trova che questo attacco dimostri la fragilità del regime russo?
“In materia di terrorismo bisogna avere una specifica capacità e dimestichezza per poter valutare quali allarmi sono da prendere in considerazione e quali no. Bisogna avere ben chiaro che il mondo dell’Intelligence è costellato di warning (allarmi, ndr), quotidiani e plurimi, su attentati che poi non si verificano. Si tratta di una sorta di riflesso condizionato che hanno tutti i servizi di intelligence per premunirsi affermando che ‘non si può escludere che si verifichi un attentato’. Il successivo step è quello di valutare nel merito la minaccia perché a volte non si tratta di un rischio generico ma di qualcosa di estremamente serio. Proprio nel caso specifico, anche sulla base quanto accaduto, non so quanto la Russia sia preparata a fare simili valutazioni. Lo dico anche guardando alla reazione, assolutamente deludente, tenuta dalle forze di polizia russe dopo l’attentato terroristico visto che si sono verificati ritardi inaccettabili prima che offrissero una reazione. Al contrario la stessa polizia russa, davanti ad altro tipo di minacce, ha dimostrato una capacità di reazione immediata. Con questo voglio dire che ogni regime, governo o istituzione di vertice, si specializza nel contrasto a certe forme di rischio che non necessariamente, come si evince dal caso russo, mettono al primo posto la minaccia terroristica. Il problema è che in questa materia quando non c’è sufficiente prevenzione, non c’è alcun modo di mettersi al riparo da potenziali attentati e a quel punto l’unica carta che resta è quella di gestire e contenere l’evento. Ma per la prevenzione di simili minacce servono competenze che sembrano mancare alla Russia e che non si inventano dall’oggi al domani ma richiedono anni di addestramento”.

Dopo quanto accaduto nell’assalto alla sala concerto di Mosca e le reiterate proposte di Macron di inviare truppe in Ucraina, le sembra possibile una nuova escalation del conflitto in Ucraina?
“Dal punto di vista militare, Putin in Ucraina non può fare più di quello che sta già facendo. Sono due anni e passa in cui persiste uno stallo molto evidente. Sul terreno la Russia, con tutte le forze in campo e la propaganda, non riesce a portare a casa grandi successi. Certo in questo momento siamo in presenza di una fase favorevole all’esercito russo ma non vedo alcuna svolta in vista che possa rompere questo stallo e portare Putin alla vittoria”.

Alla luce di quanto accaduto, c’è il rischio di una nuova ondata di attentati di matrice islamica in Europa e in caso, secondo lei, siamo pronti a difenderci?
“Fortunatamente l’Italia si è sempre contraddistinta in materia di antiterrorismo con una strategia di prevenzione e previsione che fin qui ci ha messo a riparo da grandi eventi. Il mio augurio è che questa nostra attenzione non si affievolisca e credo che sia necessario ripetere questo concetto affinché chi ci governa capisca che la partita è molto importante e che queste attività di prevenzione devono restare performanti. Detto questo, la verità è che in questi anni nulla è cambiato. Siamo davanti a un tipo di terrorismo di matrice jihadista che mira a creare un Califfato, dove di tanto in tanto si consumano vendette come sembra accaduto nel caso della Russia, ma in cui nessuno è al riparo. Chiunque si frappone alla creazione del Califfato è considerato un nemico. Tra l’altro nella logica folle del terrorismo di matrice jihadista, esiste anche una gerarchia di obiettivi da colpire e nella quale ogni Paese ricopre una specifica posizione. Una sorta di ‘classifica’ in cui l’Italia certamente non è ai vertici ma che non ci deve far dimenticare che il rischio di attentati esiste e non deve essere sottovalutato”.