Il Viaggio incantato non è mai stato così vero. L’America selvaggia nel racconto di Nathan. Che continua a parlare del mondo di oggi

Come si arriva a conoscere se stessi? Come si arriva a ricordarsi chi si sarebbe voluti essere, e come si sarebbe voluto vivere quando le possibilità erano ancora infinite e la realtà, la dura e acre realtà, non aveva posto limiti ai sogni? Sembra rispondere a queste – e ad altre numerose, profonde domande – l’ultimo libro di Robert Nathan, Viaggio Incantato, appena pubblicato con la traduzione della scrittrice Flavia Piccinni dall’editore indipendente romano Atlantide (pp. 130, € 20). Protagonista del libro – che all’uscita negli Stati Uniti nel 1936 venne acclamato come un successo, e da cui nel 1946 fu tratto il film di Wake up and dream Llyod Bacon – è il carpentiere Hector Pecket, che guarda ai tempi che vive eppure non riconosce più le persone, e si domanda dove sia finita la gentilezza e la disponibilità, dove sia finita l’umanità.

Pecket ha un sogno: quello di divenire un marinaio, e di girare il mondo a bordo di una nave. E una barca, per quanto mal messa, effettivamente ce l’ha: la conserva nel retro della sua casa a Brooklyn, New York, e l’ha chiamata come sua moglie: Sarah Pecket. Ogni sera Mr. Pecket sale a bordo della sua barchetta e sogna di girare il globo, accompagnato da cartine di luoghi lontani e misteriosi. Sogna, sogna, sogna… Almeno fino a quando sua moglie, molto più pratica e alquanto preoccupata dalle condizioni economiche della famiglia, decide di vendere la barca a un macellaio per farne un chiosco. Mr. Pecket si trova davanti al fatto compiuto: ritrova la sua Sarah con delle rotelle, pronta per essere data via.

Ma l’ultima notte, mentre dorme a bordo e fantastica per l’ultima volta su quello che avrebbe voluto divenire, succede qualcosa… La barca prende il via, e comincia a correre sulle strade della città, e Mr. Pecket non è più solo un carpentiere fallito, ma si trasforma nel capitano di una nave, e poi trova una donna – una giovane donna che trascorre le sue giornate fra una tavola calda, dove lavora come cameriera, e la sala buia dei cinema – e la salva: la carica a bordo mentre chiede l’autostop, e poi si schianta contro un dentista che va di città in città a cercare clienti, e poi si trasforma in un uomo che non avrebbe mai voluto essere, dunque è costretto a guardare in faccia la realtà, che come sempre accade in Nathan – autore di testi di incredibile bellezza come “Ritratto di Jennie” e “Clementine”, tutti pubblicati da Atlantide che ha intrapreso quattro anni fa la riscoperta dell’autore – non è mai né come sembra né come dovrebbe.

E così accade anche in Viaggio Incantato, nel quale il lettore viene trascinato in un altrove magico, in un viaggio incredibile nel cuore degli Stati Uniti e dell’animo umano, che sorprende per lo sguardo, e possiede una strana contemporaneità.