Immigrazione in calo quest’anno in Italia secondo l’Ocse. Ma la propaganda del governo continua a parlare di invasione

Immigrazione, il rapporto Ocse 2025 smentisce la retorica dell’invasione: ingressi in calo, italiani in fuga e migranti sottopagati.

Immigrazione in calo quest’anno in Italia secondo l’Ocse. Ma la propaganda del governo continua a parlare di invasione

Nel 2024 gli ingressi permanenti in Italia sono stati 169 mila, -16% sul 2023. Lo scrive l’International Migration Outlook 2025 dell’Ocse, che confronta i dati tra Paesi con lo stesso metro statistico. Se bastasse il numero, l’“invasione” finirebbe qui. Ma nella comunicazione di governo il contatore degli sbarchi diventa l’unico termometro, mentre gli ingressi stabili — quelli che cambiano davvero la società, l’economia e i servizi — vengono messi tra parentesi.

Immigrazione, come si fabbrica l’emergenza

La prima torsione è lessicale: si parla di “clandestini”, ma la struttura dei flussi è regolare. L’Ocse indica che il 61% arriva per ricongiungimento familiare, il 23% esercita la libera circolazione Ue, il 10% entra con permessi di lavoro e solo il 5% per motivi umanitari. Nello stesso rapporto i principali Paesi d’origine verso l’Italia sono Ucraina, Albania, Romania: un quadro euro-balcanico, non la caricatura di un assalto africano. La seconda torsione è selettiva: si brandiscono le domande d’asilo — 151 mila nel 2024 — ma si tace che sulle 79 mila decisioni l’esito positivo è 36%. Esiste quindi un filtro, non un automatismo.

La terza torsione è contabile: il Viminale aggiorna gli sbarchi a cadenza quasi quotidiana; gli ingressi permanenti vengono citati di rado, benché dicano che nel 2024 l’Italia ha ridotto la platea di chi rimane stabilmente. A livello Ocse, i flussi permanenti calano del 4% ma restano sopra il 2019; cresce la componente umanitaria per effetto delle guerre, non per presunte “porte spalancate”.

La retorica funziona perché sorvola sull’altra metà dell’equazione: nel 2023 sono 152 mila gli italiani emigrati (soprattutto verso Spagna, Germania, Svizzera). Un Paese in deficit demografico seleziona gli allarmi e rimuove l’emorragia di capitale umano che l’Ocse e la Commissione Ue collegano all’invecchiamento e alle carenze di competenze.

Il lavoro (malpagato) che regge e l’Italia che non attrae

L’Ocse descrive un sistema produttivo che dipende dall’apporto degli immigrati: sanità e cura, agricoltura, edilizia, alloggio-ristorazione, Ict. Qui la propaganda si piega sulla formula “ci rubano il lavoro”, ma i dati dicono altro: retribuzioni inferiori del 34% rispetto ai nativi a parità di età e sesso, titoli non riconosciuti, segmentazione presso datori che pagano meno. Non è “sostituzione”: è sottotutela.

C’è poi la propaganda dei “costi”. I numeri Ocse mostrano che l’Italia non intercetta la domanda globale di formazione e lavoro: appena 20mila permessi di studio e 17.300 stagionali/temporanei nel 2024, mentre l’area Ocse registra circa 2,3 milioni di permessi di lavoro temporaneo e oltre 1,8 milioni di studenti internazionali. Un Paese che crea pochi canali legali produce più irregolarità, non meno spesa.

Infine il mantra “l’Europa ci lascia soli”: i flussi permanenti si muovono in tutta l’area Ocse, e l’Italia non è tra i Paesi più attrattivi. La quota dominante di ricongiungimenti e libera circolazione segnala che l’Italia partecipa a una mobilità intraeuropea “normale”, mentre la politica sceglie di enfatizzare l’eccezione.

La conclusione dell’Ocse è lineare: senza migrazione l’offerta di lavoro si restringe, le carenze nei servizi di cura peggiorano, l’economia perde resilienza. La conclusione della propaganda è l’opposto: stringere i canali regolari, parlare solo di sbarchi, amministrare la paura. Tra i due poli ci sono i fatti: 169 mila ingressi permanenti in calo, emigrazione italiana persistente, ruolo essenziale dei migranti nell’economia, retribuzioni più basse e canali di attrazione insufficienti. È tutto scritto — nero su bianco — nell’International Migration Outlook 2025 dell’Ocse.