Immune pure alle condanne, il primario resta in cattedra

di Carmine Gazzanni

Primario, ordinario, condannato, indagato. E ora anche inamovibile. Tutto questo racchiuso in un solo nome, quello di Antonio Morelli, gastroenterologo e professore nella facoltà di medicina di Perugia. Come accaduto per il professore della Sapienza Nicola Siciliani De Cumis (vedi La Notizia del 28 ottobre), anche a Perugia infatti il Tar ha accolto il ricorso del professore contro il suo pensionamento presentato dall’ateneo. Risultato: provvedimento congelato. Morelli resterà stabile sulla sua poltrona per altri due anni. Alla faccia dei tanti giovani professori e dottori in attesa che si liberi un posto.

Il rinvio a giudizio
Insomma, l’ennesima vittoria per il gastroenterologo  che, nel corso degli anni, è riuscito a rimanere sempre stabile al suo posto. Eppure di grane da affrontare ne ha avute. A cominciare dalla condanna in via definitiva per corruzione: aveva chiesto a un paziente il pagamento di un referto benché ci si trovasse in una struttura ospedaliera pubblica. Da qui, indagini e relativa condanna a 2 mesi di reclusione. Il lupo, però, perde il pelo ma non il vizio. Eccolo allora oggi sotto processo per truffa: la vicenda, ricostruita già da L’Espresso, lo vedrebbe protagonista di un “dirottamento” di pazienti dalla struttura pubblica ad una struttura privata di proprietà della moglie Monia Baldoni.

La parentopoli
Già, la moglie. Come se non bastasse Morelli è riuscito anche a metter su la sua personalissima parentopoli. Sarà semplicemente un caso ma tanto la moglie quanto la figlia Olivia Morelli lavorano nello stesso dipartimento universitario e nello stesso reparto medico di cui Morelli senior è ordinario e primario. La normativa a riguardo prevedrebbe che non possano lavorare nello stesso dipartimento persone legate da rapporti familiari fino al quarto grado di parentela. Fa niente.Molti ricorderanno il siluramento, qualche mese fa, del giornalista Rai Alessandro Di Pietro sollevato dal suo contratto per aver parlato troppo bene di una pasta per diabetici, la Aliveris. Ebbene, stando alla visura camerale della società produttrice, i nomi che emergerebbero sarebbero ancora una volta gli stessi: da Monia Baldoni a Carlo Clerici (altro membro dell’equipe medica di Morelli). Si dirà: beh, che male c’è se si lavora ad una pasta per diabetici? Male in realtà c’è se, la pasta di Morelli & co. non ha mai ottenuto “un provvedimento amministrativo di autorizzazione per la produzione di alimenti speciali per soggetti affetti da diabete”.

Inamovibile
Ed eccoci giunti all’ultima vittoria di Morelli con la sentenza del Tar. Ma ricostruiamo la vicenda. È il 13 febbraio scorso quando l’Università di Perugia rifiuta di accogliere la richiesta di Morelli per una sua permanenza all’interno dell’ateneo. A 70 anni suonati – dice in pratica l’ateneo – bisogna andare in pensione per “raggiunti limiti di età”. Tanto che, col decreto del 12 settembre, si stabilisce il collocamento a riposo di Morelli a partire dal primo novembre. Il primario, però, non si è preso d’animo. Ed ecco allora il ricorso al Tar. Detto fatto: i giudici hanno dato ragione al Morelli dato che, almeno per il momento, il provvedimento è stato congelato “sino alla trattazione della domanda cautelare” prevista per il prossimo 6 novembre. Morelli, insomma, resta al suo posto. Meno male. Possiamo tirare un sospiro di sollievo.