Impeachment contro Re Giorgio

di Fausto Cirillo

Hanno mantenuto la promessa, sferrando il loro attacco alla più alta carica dello Stato. Ieri mattina infatti i grillini hanno depositato in Parlamento la loro richiesta di messa in stato di accusa di Giorgio Napolitano. Una procedura che, in base all’articolo 90 della nostra Carta Costituzionale può essere intrapresa solo se si ritiene che il capo dello Stato sia imputabile di alto tradimento o di attentato alla stessa Costituzione. La sua incriminazione può però scaturire solo da un voto a maggioranza assoluta dei suoi membri dell’intero Parlamento (Camera e Senato) in seduta comune. Un’ipotesi da escludere, a giudicare dalle le reazioni contrarie di tutti gli altri partiti (anche di quelli che non hanno mai lesinato critiche politiche a Re Giorgio), colpiti in queste ore dalla virulenza di un’opposizione di sistema che si muove nel Palazzo con metodi che non hanno precedenti. Finita personalmente nel mirino dei pentastellati, la presidente della Camera Laura Boldrini si è affrettata a definire l’iniziativa come «assolutamente infondata, inaudita, tesa a gettare fango sulle istituzioni». Un giudizio che molti costituzionalisti sono pronti a condividere.

Espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza; promozione di una legge costituzionale derogatoria, minando un principio cardine del nostro ordinamento costituzionale quale la sua rigidità; mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale; seconda elezione come Presidente della Repubblica; improprio esercizio del potere di grazia; rapporto con la magistratura: Processo Stato – mafia. Sono questi i sei capi d’accusa su cui si basa la richiesta di impeachment formulata dal Movimento 5 Stelle. Nello specifico i grillini accusano Napolitano di aver consentito un uso eccessivo della decretazione d’urgenza con relativi maxi-emendamenti e voto di fiducia che avrebbe leso «il principio supremo della separazione dei poteri» e che avrebbe visto la promulgazione di decreti legge eterogenei per materia e talvolta reiterati. Per quello che riguarda invece le riforme costituzionali, al capo delle Stato il M5S imputa di aver «formalmente e informalmente incalzato e sollecitato il Parlamento all’approvazione di un disegno di legge costituzionale volto a configurare una procedura straordinaria e derogatoria del Testo fondamentale, sia sotto il profilo procedimentale che sotto quello degli organi deputati a modificare la Costituzione repubblicana». Nonché di aver impropriamente convocato nel corso dell’esame parlamentare riferito alla riforma della legge elettorale il ministro per le Riforme Costituzionali, il ministro per i Rapporti con il Parlamento e Coordinamento delle Attività di Governo, i Presidenti dei Gruppi Parlamentari “Partito Democratico”, “Popolo della Libertà” e “Scelta Civica per l’Italia” del Senato della Repubblica, e il Presidente della commissione Permanente Affari Costituzionali del Senato, «umiliando istituzionalmente il luogo naturalmente deputato alla formazione delle leggi».

Nel testo i grillini vanno poi a recuperare due decisioni prese da Napolitano nel suo precedente settennato, accusandolo di non aver usato il suo potere di rinvio alle Camere di leggi, a loro dire, incostituzionali. I due casi citati sono il cosiddetto “Lodo Alfano” e la legge sul “Legittimo impedimento”, norma quest’ultima che sottolineano esser stata poi, una volta promulgata, dichiarata parzialmente illegittima dalla Consulta. Singolare poi il quarto capo d’accusa: essersi fatto rielegge al Quirinale per un secondo mandato. La tesi dei grillini sarebbe che, poiché l’articolo 85, primo comma, della Costituzione recita che «Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni», sarebbe evidente che il testo costituzionale non contempla la possibilità dello svolgimento del secondo mandato da parte del Capo dello Stato. Ulteriori accuse poi riguardano un uso illecito del potere di grazia. Da ultimo i grillini richiamano il famoso processo sui rapporti Stato-mafia. Qui il Capo dello Stato avrebbe violato «i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale, con riferimento all’autonomia e all’indipendenza della magistratura da ogni altro potere statuale». In base a tutte queste presunti reati costituzionali MS5 afferma dunque che «il Presidente della Repubblica in carica non sta svolgendo, dunque, il suo mandato, in armonia con i compiti e le funzioni assegnatigli dalla Costituzione e rinvenibili nei suoi supremi principi».

Tutte accuse che non sembrano allarmare più di tanto il Colle, a giudicare dalla frase pronunciata ieri da Napolitano in pubblico: «(“Il procedimento faccia il suo corso». Questo  però non significa che Napolitano non sia preoccupato. Non tanto per le accuse nei suoi confronti, che certo lo amareggiano ma che verosimilmente verranno bocciate dal comitato parlamentare per i procedimenti, quanto per l’escalation grillina che sembra mirata a bloccare persino il funzionamento delle istituzioni.