In croce per sette anni, i pm rinunciano alla crociata contro Bellavista Caltagirone

In croce per sette anni, dopo cinque verdetti sempre a favore dell'imprenditore i pm rinunciano alla crociata contro Bellavista Caltagirone

Il fatto non sussiste. Ci sono voluti sette anni per arrivare all’assoluzione definitiva per il costruttore Francesco Bellavista Caltagirone, accusato di truffa ai danni dello Stato nel processo sulle presunte irregolarità nella costruzione del porto turistico di Imperia. L’imprenditore era stato già assolto in primo e secondo grado. E la sentenza della Corte d’Appello, dello scorso 13 marzo, non è stata impugnata nei termini consentiti né dalla Procura generale né dalle parti civili, la scadenza, infatti, era fissata per il 9 ottobre scorso. Così si è concluso, con un’assoluzione passata in giudicato, l’iter processuale avviato dalla Procura di Imperia che, nel 2010, coinvolse Bellavista Caltagirone ed altre dieci persone, tra cui Carlo Conti, ex direttore generale del Comune di Imperia Stefano Degl’Innocenti, ex manager del gruppo Acqua Marcia e Delia Merlonghi (ex rappresentante legale di Acquamare).

LA VICENDA
Al centro dell’inchiesta, presunte lievitazioni dei costi di realizzazione del porto turistico di Imperia da parte del gruppo Secondo l’accusa la costruzione dello scalo venne viziata da una catena di irregolarità, tra cui appalti truccati, che portarono quasi a triplicare i costi iniziali, stimati in ottanta milioni di euro. Il tutto attraverso una catena di subappalti fittizi non autorizzati e non trasparenti tra società tutte riconducibili a Bellavista. Accuse che nel processo non hanno trovato alcuna conferma. Cade, dunque, ancora una volta l’ipotesi che, a Torino, il pg Giancarlo Avenati Bassi aveva ereditato da indagini svolte dalla Procura di Imperia e poi trasmesse nel capoluogo piemontese per l’impossibilità di formare un tribunale nella città ligure: quella di una “truffa colossale” architettata per “arricchire Caltagirone e i suoi amici” con un’infrastruttura che “non si voleva nemmeno completare”. Alla fine, di marcio nel progetto del porto costruito dal gruppo dell’Acqua Marcia non c’era proprio niente. Ma solo l’istruttoria, le accuse ad un grande gruppo immobiliare romano, assolto con formula piena. Ma nel frattempo, un’impresa con mille dipendenti, appunto, l’Acqua Marcia, è saltata, senza ragione, creando problemi infiniti a persone che comunque non c’entravano nulla. Senza contare il danno per un uomo, all’epoca già settantatreenne, tenuto in cella nove mesi e fortemente danneggiato economicamente senza un vero motivo.

LA REAZIONE
“Le sentenze, ha dichiarato, l’avvocato Nerio Diodà, legale di Bellavista Caltagirone, hanno ripristinato la verità e dimostrato l’infondatezza di tutte le accuse. È un esito importante dovuto al rigore e alla correttezza dei giudici, che tuttavia, ha sottolineato, non elimina le conseguenze drammatiche che l’indagine ha comportato, sia in termini di custodia cautelare, sia in termini di danno patrimoniale inqualificabile”. Dopo l’arresto del capo azienda il Gruppo Acqua marcia è infatti entrato in crisi e poi finito in amministrazione controllata, con lo sfaldamento della società.