In Italia l’albo degli imam rimane un miraggio. Avere un registro di predicatori consentirebbe di stanare chi ha precedenti o è pericoloso

di Marco Castoro

Noi crediamo all’Islam moderato. A uomini e donne di fede musulmana che ripudiano la violenza, che non odiano i cristiani e che fanno di tutto per inserirsi nella società. Comunità che vivono in pace in Italia. Tuttavia, onde evitare che si continui a generare odio fratricida, destinato ad alimentare il terrorismo, bisogna che polizia e magistratura facciano di tutto per far rispettare le leggi e le regole. Del resto chi non ha nulla da nascondere quando vede i poliziotti in giro è ben lieto di vederli.

LE REGOLE
Non servono le crociate ma le regole. Semplici ed efficienti. Da far rispettare visto che siamo in territorio italiano. Per il bene di tutti e della convivenza. Controlli alle frontiere, nelle moschee, nelle associazioni culturali, nei centri sociali, nei campi rom, ovunque ci sia un’aggregazione sospetta. L’espulsione dei clandestini, la certezza della pena, da scontare in carcere. Per aprire una moschea in Italia basta fare un’associazione culturale. Quindi i controlli andrebbero intensificati su chi fa questa scelta. Anche per evitare che dietro l’associazione si possano nascondere nuove identità. Perché a scegliere l’Islam spesso ci sono persone che vogliono cancellare il passato. Nulla da eccepire sulle preghiere in arabo per recitare i versetti del Corano in moschea, ma le prediche è doveroso che l’imam le faccia in lingua italiana. Così è sempre inequivocabile il messaggio che dà ai fedeli. Essendo poi il ruolo dell’imam fondamentale per la comunità della moschea diventa necessario che si istituisca un albo degli imam, in modo da controllare se ci sono casi di persone con precedenti penali.