In vacanza in Australia col permesso del sindacato

di Clemente Pistilli

Così perfetto da non sembrare vero. In vacanza con tanto di permesso sindacale, e pure retribuita. Sembra un film, invece è quello che accade al Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria del Lazio. Una dipendente-sindacalista, parte dello staff del provveditore Maria Claudia Di Paolo, ha ottenuto un lungo permesso sindacale. Dispensa dal lavoro pagata e più che giusta. Chi tutela i colleghi deve avere giorni a disposizione per poter svolgere attività sindacale. Ma se negli stessi giorni in cui una sindacalista dovrebbe essere impegnata in riunioni e trattative risulta in vacanza dall’altra parte del mondo, ecco che spunta la domanda: chi controlla i sindacalisti e garantisce che l’uso dei permessi per tutelare i lavoratori non diventi abuso?

Carceri al collasso

Non passa ormai giorno in cui non si parla di svuotacarceri. Troppi i detenuti rinchiusi nei penitenziari in condizioni inumane. L’Unione europea ha sanzionato l’Italia e la guardasigilli Annamaria Cancellieri, per risolvere il problema, ha caldeggiato la proposta dell’indulto. A far fronte a un esercito di detenuti ci sono poi meno di 38mila agenti della polizia penitenziaria. Troppo pochi. All’appello, rispetto all’organico, ne mancano settemila. Ma se una prima anomalia è quella che, in base a un recente monitoraggio, 6.500 appartenenti al corpo risultano distaccati in vari uffici, anche sul fronte sindacale sembra che qualcosa non torni.

I benefici

Le organizzazioni sindacali e di conseguenza i sindacalisti hanno diritto ogni anno ad alcuni giorni di permessi per svolgere attività a tutela dei lavoratori. Nell’autunno scorso il Dap, il Dipartimento che si occupa del sistema carcerario, ha diviso le ore a disposizione per i permessi tra i diversi sindacati, specificando che tali organizzazioni, presentando le richieste a favore dei loro dirigenti, devono indicare “la sede di contrattazione presso la quale il dirigente sindacale espleterà il proprio mandato, qualora non coincidente con la sede di servizio”. Il dirigente sindaclae, al rientro dalla missione, dovrà poi presentare “un attestato di partecipazione, ovvero autocertificazione attestante la presenza alla riunione sindacale”.

Lo strano permesso

Il mese scorso, il Coordinamento nazionale polizia penitenziaria, sigla nata nel 2001, ha chiesto 35 giorni di permessi sindacali per un’agente, impegnata nel Provveditorato del Lazio e, nello specifico, nella segreteria particolare del provveditore. Un permesso dal 20 gennaio al 28 febbraio. Nulla di strano. Tutto come previsto per legge e tutto giusto. Ma l’agente che ha beneficiato del lungo permesso retribuito sembra che in questo periodo non sia affatto impegnata nel logorante lavoro di tutela dei colleghi. Sulla sua bacheca Facebook ha messo le sue foto con i biglietti aerei in mano per l’Australia e poi le foto di lei in affascinanti località dell’Oceania, da Melbourne all’oceano. Permesso sindacale dunque o vacanza? Il caso non è passato inosservato e non resta ora che capire come e perché siano stati concessi quei 35 giorni. Cosa accade nel sindacato. Ma soprattutto chi vigila su tali permessi mentre la polizia penitenziaria in Italia è proprio come le carceri: al collasso.