Inchiesta sulla strage del Trivulzio. Task force di medici per i pm. Le cartelle cliniche setacciate da cinque super esperti. Sotto la lente le disposizioni impartite al personale

Cartelle cliniche, disposizioni delle case di cura per affrontare l’emergenza sanitaria e delibere sia del Pirellone che dell’Azienda Tutela della Salute (Ats) di Milano. Atti delicati e complessi, le cui acquisizioni continuano senza sosta e quasi quotidianamente in tutta la Lombardia, che verranno valutati da un pool di medici nominati dalla Procura di Milano. Proprio ieri i pubblici ministeri Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, titolari dell’inchiesta, hanno dato un pre incarico a tre medici di medicina legale dell’Università di Verona, a un epidemiologo milanese e a un medico di medicina del lavoro della Lombardia. Questi dovranno chiarire i tanti nodi ancora irrisolti della vicenda e, soprattutto, saranno chiamati a verificare se al Pio Albergo Trivulzio le condotte tenute nei confronti degli ospiti, dei pazienti e degli operatori, sono state adeguate oppure se sussistano i profili di epidemia colposa, omicidio colposo e violazione delle norme di sicurezza su cui, appunto, si incentra il fascicolo aperto a Milano. Lo stesso team di esperti successivamente si occuperà anche delle altre residenze sanitarie assistenziali del milanese, divenute tristemente note come focolai del covid-19, tra cui spicca la struttura d’eccellenza Don Gnocchi.

IL GIALLO. Proprio in quest’ultimo istituto ieri si è consumato un vero e proprio giallo. In mattinata gli agenti di polizia giudiziaria della Procura di Milano sono tornati a bussare alle porte del centro Irccs Santa Maria Nascente di via Capecelatro, che fa capo al Don Gnocchi, per ritirare della documentazione richiesta la settimana scorsa e che nel frattempo è stata preparata dal personale. Insomma non si è trattato di una nuova acquisizione ma, tecnicamente, del completamento di quella precedente. Un sofismo che è stato chiarito da un comunicato della Fondazione Don Gnocchi in cui si legge: “Continua la collaborazione con la magistratura per contribuire a chiarire la correttezza del nostro operato. Smentiamo però che si siano verificate altre visite della polizia giudiziaria alle strutture del Palazzolo oltre a quella di martedì 21 aprile”, giorno in cui sono state effettuate le perquisizioni e le acquisizioni.

PM ALL’ATTACCO. Ma le indagini sulle cliniche per anziani non è un fenomeno esclusivo della Procura di Milano. Tutti gli uffici giudiziari della Regione hanno fascicoli analoghi che continuano a puntare il dito sulla gestione della pandemia da parte delle case di cura e sulle delibere dell’assessorato al Welfare, diretto da Giulio Gallera, con cui è stato dato il via libera al trasferimento, a precise condizioni di sicurezza, di positivi da Covid-19 dimessi dagli ospedali. Da ieri, ad esempio, la Procura di Como ha aperto un fascicolo in cui mette nel mirino ben sette residenze sanitarie assistenziali del comasco in cui si sono verificate molte morti di ospiti e pazienti con sintomi compatibili con il temibile Covid-19. Tra gli uffici giudiziari più attivi c’è, però, quello di Bergamo che ha scoperto una strana anomalia verificatasi nel proprio territorio. Dal primo gennaio al 28 aprile, come ha spiegato ieri il procuratore della Repubblica facente funzione di Bergamo, Maria Cristina Rota, sono morti 1998 pazienti delle case di cura. Solo un anno fa i decessi erano stati appena 672, ossia un terzo in meno. Un numero altissimo per il quale, proprio come già successo a Milano, i magistrati di Bergamo indagano per epidemia colposa e omicidio colposo.