Un’inchiesta che non solo non si affievolisce, ma si allarga. È quella sull’urbanistica in salsa milanese, che ieri ha visto una nuova svolta. La Procura, infatti, oltre agli altri reati già contestati (corruzione e lottizzazione abusiva), sta indagando anche per l’ipotesi di turbativa d’asta per l’aggiudicazione di immobili e aree della città.
Lo dicono le carte del ricorso in Cassazione dei pm
È quanto emerge da uno dei ricorsi presentati ieri dai pm Petruzzella, Filippini e Clerici, del pool dell’aggiunta Tiziana Siciliano, in Cassazione contro l’annullamento delle ordinanze con cui ad agosto il Tribunale del riesame aveva revocato gli arresti domiciliari dell’immobiliarista Manfredi Catella e dell’ex membro della commissione paesaggio, Alessandro Scandurra.
Per la procura Catella, l’ex assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi (indagato per corruzione e falso) e il Dg di palazzo Marino Christian Malangone (indagato per induzione indebita), avrebbero messo in atto “palesi condotte di turbativa d’asta” per permettere alla società di Catella di “aggiudicarsi” a “condizioni urbanistiche illegittime” da lui stesso “pretese e dettate a Tancredi e a Malangone” immobili del “patrimonio del Comune”.
Nelle chat Catella-Tancredi-Malangone le possibili prove della turbativa
A sostegno dell’ipotesi investigativa, scrivono i pm, ci sono “nuovi elementi di prova” risalenti al periodo tra novembre 2024 e agosto 2025, contenuti nelle chat tra i tre, definite “gravemente e precisamente indizianti“. Le conversazioni dimostrerebbero il “fenomeno collaterale della spartizione organizzata delle aree e degli immobili del patrimonio pubblico del Comune e di altri enti”. Ossia le “aree degli Scali ferroviari, acquistate da Coima e altri privati, piazze, ad esempio piazzale Loreto, e diversi edifici di pregio del patrimonio del Comune”.
Le aree che Catella voleva, poi andate a bando
In particolare, la procura evidenzia il caso dei lotti di via Messina 53-Largo de Benedetti e via Messina 50-via Cenisio per i quali Catella avrebbe preteso il “volo” delle “volumetrie” da un lotto all’altro, per trasformare l’edificio comunale in una “torre di 17 piani”, riutilizzando l’area svuotata, sulla carta, dei diritti edificatori in uno “studentato” che, nella interpretazione delle norme data dal Comune, non genererebbe ulteriori volumetrie o necessità di “standard”, cioè di servizi di interesse pubblico connessi all’intervento edilizio.
I pm evidenziano poi come Catella fosse in possesso di informazioni riservate sulla vendita delle aree, sottolineando come le “trattative” con l’architetto Scandurra per i progetti da realizzare su quei lotti, sarebbero partite “quattro mesi prima” della “pubblicazione del bando di vendita” da parte del Comune.
Perché per la procura il Riesame avrebbe errato il giudizio
Circa il Riesame, la Procura sostiene che i giudici avrebbero “omesso” proprio la valutazione delle chat come prova. I pm elencano poi tutte le violazioni, nelle decisioni, di leggi penali e altre norme. Il Riesame non avrebbe in pratica preso in considerazione il “sistema”, ma avrebbe portato avanti una “disanima atomistica” e così avrebbe “giustificato a prescindere tutte le condotte di Catella e Scandurra”, non valutando la “correlazione” tra “l’esercizio della funzione pubblica e il conseguimento di vantaggi privati” dell’architetto. Il Tribunale, conclude la procura, ha “smontato l’orologio, per dimostrare che nessun singolo ingranaggio è un orologio”. La Cassazione deciderà il 12 novembre.
Al vaglio anche la posizione dell’ex assessore morattiano Massiroli e Mind
Nel frattempo ci sarebbero altre posizioni al vaglio degli investigatori, a partire da quella, che già compariva negli atti, dell’ex assessore della giunta Moratti, Carlo Masseroli, manager del gruppo immobiliare Nhood, per una presunta turbativa d’asta nell’operazione di “riqualificazione di piazzale Loreto”.
La Procura starebbe anche indagando sul progetto Mind nell’area ex Expo, quella che proprio ieri – con un tempismo notevole – il presidente lombardo Attilio Fontana ha definito un modello vincente da replicare, esempio virtuoso di cooperazione pubblico-privato e polo di attrazione per gli investimenti internazionali.
Lo stesso Mind, che, sempre ieri, l’archistar Carlo Ratti ha deciso di salutare polemicamente, ritirando la firma dal progetto del campus dell’Università degli Studi, perché “non è più il mio progetto”. Per Ratti troppe le variazioni imposte dalla commissione Paesaggio, anche dopo le indagini sull’urbanistica, che hanno stravolto il disegno originario, riducendo soprattutto il verde. “Prendiamo atto della volontà dell’architetto Ratti”, il commento della rettrice dell’Università Marina Brambilla.