Indietro tutta sull’energia. Ecco la transizione ecologica di Cingolani & C. Dal carbone verde che non esiste alle perforazioni nell’Adriatico

Il governo avrebbe dovuto realizzare la transizione ecologica, ma si sta rivelando l’esecutivo più fossile degli ultimi decenni.

Il gas a tutta forza, con la disperata ricerca dell’approvvigionamento in ogni angolo del pianeta, la riapertura delle centrali a carbone, per rispondere all’emergenza energetica innescata dalla guerra in Ucraina. La tentazione del nucleare, seppure di nuova generazione, vecchio pallino del ministro Roberto Cingolani. E ancora: il via libera all’inceneritore a Roma, dietro la richiesta del sindaco, Roberto Gualtieri, e la battaglia del presidente del Consiglio, Mario Draghi, contro il Superbonus. Si era insediato come il governo che avrebbe dovuto realizzare la transizione ecologica, ma si sta rivelando l’esecutivo più fossile degli ultimi decenni.

Il governo avrebbe dovuto realizzare la transizione ecologica, ma si sta rivelando l’esecutivo più fossile degli ultimi decenni

Del resto il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha gettato via la maschera, sollecitando tutti a “rivedere i tempi della decarbonizzazione”. L’ammissione, quella definitiva, di un esecutivo campione di greenwashing: parlare di ambientalismo senza praticare scelte verdi. E questo porta a una prospettiva concreta: il fallimento degli obiettivi posti dall’Unione europea sulla riduzione delle emissioni del 55 per cento, entro il 2030, e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.

La caccia al gas è diventata lo sport preferito di Palazzo Chigi, d’intesa con il Mite e con la benedizione del Mise giorgettiano. Lo sbandieramento dell’emergenza (che sarebbe oggettiva in caso di uno stop delle forniture russe) si sta rivelando una forma di investimento per il futuro. Gli accordi con i Paesi, che dovrebbero rimpiazzare il gas erogato da Mosca, non sono certo temporanei. Puntano a una lunga durata, favorendo un disincentivo al ricorso alle fonti rinnovabili.

“Aumentare le disponibilità dall’Algeria e negoziare con Paesi come il Mali, il Congo o l’Angola, significa soltanto cambiare l’ordine degli addendi poiché il risultato non cambia: il nostro sistema di approvvigionamento energetico continua a dipendere dai combustibili fossili”, sottolineano da FacciamoEco, la componente alla Camera che fa capo a Rossella Muroni e all’ex ministro, Lorenzo Fioramonti.

Cingolani si sta caratterizzando più per la battaglia ingaggiata con gli ambientalisti, che per le politiche green. A cominciare dalla sua infatuazione per il nucleare di nuova generazione: una tecnologia che, nella migliore delle ipotesi, potrebbe essere disponibile tra anni. Senza dimenticare che sulla chiusura delle centrali ci sono già stati due referendum. “La riprova della disattenzione sulla transizione ecologica l’abbiamo avuta con la Tassonomia verde Ue. Era il momento di condizionare gli investimenti per i prossimi 10 anni solo per le rinnovabili e per la riqualificazione energetica”, dice a La Notizia il deputato di Alternativa, Giovanni Vianello.

“Draghi e Cingolani – aggiunge il parlamentare – hanno dato il loro via libera ad inserire gas e nucleare nella tassonomia e questo drenerà fondi proprio alle rinnovabili”. E sulle fonti pulite? “Le proposte del Mite hanno indebolito l’impulso sul rilancio delle fonti rinnovabili, tuttora al palo, senza rimuovere le barriere che ne rallentano la diffusione e in assenza di nuovi strumenti di partecipazione per ridurre le contestazioni territoriali e favorirne la realizzazione degli impianti”, sentenziano Wwf, Legambiente e Greenpeace Italia.