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Redazione

Intascavano i fondi per l’ambiente. A giudizio il sindaco di Cosenza Occhiuto, l’ex ministro Clini e altre 25 persone. I soldi dei progetti all’estero finiti a società amiche

Pubblicato il 9 Luglio 2020 di Redazione on-line

Rischia di essere la Cina a inguaiare l’ex ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto. Ieri la Procura di Roma ha rinviato a giudizio i due uomini assieme ad altre 25 persone, tra cui la compagna di Clini, Martina Hauser, nell’ambito delle indagini su un presunto drenaggio di soldi pubblici destinati alla realizzazione di progetti ambientali all’estero. A tutti loro il pubblico ministero Alberto Galanti contesta, a seconda delle posizioni, la corruzione, l’abuso d’ufficio, la turbativa d’asta e il peculato. Stando all’inchiesta, al centro del sistema c’era l’ex ministro del governo di Mario Monti che, all’epoca dei fatti, direttore generale del ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare.

Tempi in cui avrebbe avuto a disposizione ingenti risorse economiche per finanziare progetti di efficientamento energetico. Peccato che, stando alla ricostruzione dei pm, questi fondi finivano altrove, ossia nelle casse di alcune società ritenute riconducibili a Clini e alla compagna che, in passato ha ricoperto l’incarico di assessore all’Ambiente del Comune di Cosenza in una delle giunte di Occhiuto. Il sindaco, a sua volta finito sotto inchiesta per il suo ruolo di architetto, proprio grazie al ruolo della Hauser sarebbe riuscito a mettere le mani su fondi pubblici stanziati dal ministero dell’Ambiente, secondo i pm senza partecipare ad alcun bando di gara per realizzare una serie di progetti in Cina.

Sono due le tracce seguite dagli inquirenti per ricostruire la presunta serie di illeciti: gli studi sul carbon footprint in Italia e gli interventi di cooperazione italiani all’estero in attuazione del Protocollo di Kyoto. La Cina era uno dei Paesi ammessi al contributo pubblico a fondo perduto e gli appaltatori in loco, secondo la Procura, venivano scelti dalla parte italiana, ossia dagli indagati, “senza il ricorso a procedure di evidenza pubblica”. Così i lavori sarebbero stati “affidati prevalentemente a società o raggruppamenti societari riconducibili agli indagati o da loro controllate o partecipate”. A loro volta gli imprenditori indagati e beneficiari di tali assegnazioni, carte alla mano, “riconoscevano a Clini e alla Hauser” denaro e, soprattutto, “assunzioni, incarichi e altre utilità”. Nonostante la notizia del suo rinvio a giudizio, Clini non si è perso d’animo. Anzi si è detto sollevato perché “dopo 7 anni dall’inizio delle indagini finalmente avrò un processo” e “avrò modo di rendere evidenti le poche e false testimonianze e le stravaganti interpretazioni con le quali hanno cercato di distruggere 25 anni di lavoro al servizio del mio Paese”.

Lo stesso ex ministro del governo Monti ha poi sottolineato i risultati ottenuti durante il proprio servizio con “oltre 2mila istruttorie tecniche finalizzate all’introduzione nelle imprese italiane delle tecnologie avanzate e nei sistemi di gestione innovativi per la riduzione delle emissioni inquinanti e la sicurezza industriale” e “2500 progetti per lo sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici realizzati in Italia e in 38 Paesi, cofinanziati con oltre 500 milioni di euro dalla Commissione europea e dalla Banca Mondiale, con la partecipazione di 20 Università italiane”, “senza dimenticare l’introduzione in Italia dal 2008 del calcolo dell’impronta ambientale di carbonio dei processi industriali prodotti, che oggi è un obbligo delle imprese europee e non solo”. Risultati che, a suo dire, testimoniano la bontà del proprio operato e di cui si è detto “orgoglioso” concludendo che “se questi sono reati” allora “sono sicuramente colpevole”.

di Redazione on-line

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