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Investire sui giovani o scomparire: un bivio per l’Italia

L'Italia, di fronte alla crisi demografica, è a un bivio: deve scegliere se investire davvero sui giovani o scomparire.

Investire sui giovani o scomparire: un bivio per l’Italia

Martedì la presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), Lilia Cavallari, in un’audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto, ha scattato una fotografia allarmante: a causa di un inverno demografico senza precedenti, se fossero mantenuti gli attuali tassi di occupazione nei prossimi 5 anni ci sarebbe una perdita di 700mila lavoratori (1,8 milioni sui prossimi dieci anni), con un impatto rilevante su debito pubblico, crescita e produttività. Servono quindi misure strutturali: politiche per favorire donne e giovani nel lavoro, un’immigrazione selettiva di qualità europea e la rimozione di barriere all’interno dell’Ue.

Un ritornello già sentito, a cui però non hanno fatto seguito soluzioni concrete. Un cane che si morde la coda. Rimane però un punto irrisolto: come conciliare il rigore di bilancio con l’esigenza di efficaci politiche per i giovani? A furia di tagliare, com’è avvenuto – ad esempio – nel 2023 con i bonus fiscali sul rientro dei cervelli, sono state proprio le fasce vulnerabili, quelle che dovrebbero fare da perno al rilancio demografico, a pagare il conto più salato. Non è un caso che sempre più giovani scelgano di fare fagotto. Secondo un sondaggio Ipsos, il 60% di loro è pronto a trasferirsi all’estero. Negli ultimi 13 anni, in 525mila hanno lasciato l’Italia a fronte di 173mila rientri. Di laureati Stem, richiestissimi dal mercato del lavoro, ne vanno via 15/20mila all’anno. Ma il fenomeno non si limita solo agli ambiti professionali, da salari più alti a opportunità migliori: chi parte lo fa anche per la qualità della vita, per staccare da un Paese percepito come stagnante.

Un Paese in cui, come rilevato da una recente ricerca della Future Proof Society insieme al think tank Tortuga, il 75% della ricchezza è in mano agli Over 50 (di cui il 40% pensionati); la fascia 30-39 anni ne detiene appena il 7%, quella 40-49 anni il 16%. In sostanza, l’ascensore sociale non si è solo inceppato: è proprio rotto. Serve un cambiamento radicale di visione, e serve subito. Ritornare a parlare di investimenti generazionali significherebbe far capire alle ragazze e ai ragazzi che contano, che restare qui può essere una scelta e non una scommessa. Se, invece, si sceglierà ancora una volta l’austerity – proprio mentre la sfrenata corsa al riarmo di Europa e Nato costerà la bellezza di 800 miliardi – l’emorragia non solo non si arresterà, ma porterà al declino dell’Italia. Al bivio bisognerà scegliere la strada giusta.