Irriducibili del vitalizio alla carica. De Lorenzo & C. rivogliono il malloppo. Cinque condannati chiedono di riavere l’assegno sospeso

Oggi il Collegio d’Appello della Camera esamina i ricorsi

Il plotone degli irriducibili del vitalizio incrocia le dita e spera di riprendersi il malloppo. Oggi si riunirà il Collegio d’appello della Camera – l’organo giurisdizionale di secondo grado di Montecitorio – per quella che forse sarà l’ultima udienza. Poi, all’ex ministro Francesco De Lorenzo, all’ex sindaco di Taranto Giancarlo Cito, all’ex An Luigi Sidoti e agli ex socialisti Giulio Di Donato e Raffaele Mastrantuono, non resterà che aspettare il verdetto. Che potrebbe arrivare entro l’estate, comunque prima della pausa estiva.

In primo grado il Consiglio di giurisdizione della Camera aveva bocciato tutte le istanze degli ex onorevoli condannati per riavere indietro l’assegno revocato. Ora la palla passa ai 5 membri del Collegio d’appello. Ad avere l’ultima parola sulle fortune o sulle sfortune degli ex parlamentari saranno il presidente, Andrea Colletti (M5S), e i colleghi, Laura Ravetto (FI), Cosimo Maria Ferri (Pd), Laura Cavandoli (Lega) e Paola Frassinetti (FdI).

All’origine dei tormenti del plotone degli irriducibili c’è la delibera Grasso-Boldrini del maggio del 2015 che ha previsto la sospensione dei vitalizi per gli eletti in Parlamento condannati in via definitiva per reati di mafia, terrorismo e contro la P.A. con pene superiori a 2 anni di reclusione. La Camera, in base a tale delibera, aveva revocato, quattro anni fa, il vitalizio a dieci ex deputati. Alcuni dei quali hanno deciso di presentare ricorso.

Tra loro, “Sua Sanità” De Lorenzo, parlamentare del Partito liberale italiano per tre legislature dal 1983 al 1994, più volte ministro, ovviamente anche della Sanità. Coinvolto nello scandalo di Tangentopoli, è stato condannato in via definitiva a 5 anni per associazione a delinquere finalizzata al finanziamento illecito ai partiti e corruzione. Nel giugno 2010, la terza sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei Conti ha escluso il danno erariale conseguente al presunto illecito aumento dei prezzi dei farmaci, ma ha comunque condannato De Lorenzo ad un risarcimento di 5 milioni di euro.

Un risarcimento tale da fargli dichiarare che avrebbe vissuto da francescano per restituire tutto. Da De Lorenzo a Di Donato: l’ex vicesegretario del Psi di Craxi, anche lui coinvolto nello scandalo di Tangentopoli, nel 2004 è stato condannato a 3 anni e 4 mesi per corruzione per le tangenti relative alla privatizzazione del servizio di Nettezza Urbana a Napoli. Alla domanda su come si vive senza vitalizio ha risposto che sarebbe più corretto chiedere su “come si sopravvive”.

Arriva poi il turno di Cito. L’ex sindaco di Taranto e deputato (Msi, Lega d’Azione Meridionale) ha collezionato diverse condanne, tra cui quella a 4 anni per concorso esterno in associazione mafiosa oltre che per concussione e tangenti. “Loro possono dire quello che vogliono ma io prendo il vitalizio da più di dieci anni. Loro cosa tolgono? Chi cazzo sei? Chi sei, il padreterno che dici: oggi dovete morire…”, è stata la sua reazione alla notizia che i presidenti delle Camere volevano togliere l’assegno ai condannati per reati gravi.

Altro ex Psi è Mastrantuono: ha rimediato una condanna a 2 anni e 10 mesi di reclusione nell’ambito dello stesso processo che ha coinvolto Di Donato ovvero quello delle tangenti per la privatizzazione del servizio di nettezza urbana a Napoli. E poi c’è Sidoti ex An, “orgogliosamente missino”, condannato per malversazione. “Dovevo costruire un albergo – si è difeso – un appalto da quattro milioni per cui mi chiesero anche il pizzo, invece è finita con una condanna costruita. Non hanno voluto vedere le carte”. Alla domanda su quanto percepiva di vitalizio ha risposto: “Duemila euro, una miseria”.

Per tutti la speranza è che venga riaffermato il principio della irretroattività. Un rilievo a suo tempo rispedito al mittente dall’ex presidente del Senato, Pietro Grasso: “Non sussiste un divieto di retroattività, che varrebbe ove si trattasse di una sanzione penale accessoria. Quando una condizione di eleggibilità viene meno (che sia la moralità, collegata ad una condanna, o la cittadinanza italiana), cade il presupposto sia per l’esercizio di una carica sia per la percezione di emolumenti che sono collegati ad una carica che non si può più ricoprire. E questo deve riguardare anche i vitalizi e le pensioni”. Ora non resta che attendere la sentenza del Collegio d’Appello di Montecitorio.