Jobs Act, Bersani apre al dialogo con Renzi

dalla Redazione

“Non ci sarà nessun pasticcio, faremo una riforma fatta bene che sarà degna di questo nome”. Parola di Matteo Renzi. Queste infatti le parole del premier, ripreso dalle telecamere di ‘SkyTg24’, al termine dell’incontro con la comunità italiana al consolato di New York, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se sulla riforma del lavoro ci saranno trattative. Intanto, continua la strategia del dialogo con l’ala dissidente del Pd. Stamattina, dalle pagine de ‘La Repubbica’, è Gianni Cuperlo ad avanzare una proposta di mediazione: “La politica non può promettere cose che non è in grado di mantenere, io sono per estendere e universalizzare le tutele ma servono le risorse per farlo”. Per questo, dice, “cerco con altri una soluzione per unire il Paese e fare una buona riforma”.

E su chi accusa la minoranza dem di conservatorismo nel dibattito sull’art. 18, “non siamo i Flintstones – risponde secco – Il lavoro non è solo un reddito, è dignità e libertà della persona”.

di Lapo Mazzei

Almeno un aspetto positivo c’è. Il duro scontro sulla riforma del lavoro, peraltro tutto interno al Pd, ha riconsegnato ai taccuini dei cronisti le perle di saggezza di Pier Luigi Bersani, ex segretario del partito, e mancato presidente del Consiglio. L’ultima è da manuale: “Basta volerlo”. E sì, perché l’esponente del Pd, tornato ad essere il leader della minoranza che vuol mettere in crisi la maggioranza nella convinzione che un equilibrio si può trovare, sintetizza così l’interrogativo che attraversa l’ala ribelle dei dem. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, vuole o no arrivare a una sintesi sul lavoro, prima della Direzione di lunedì? Le varie anime del partito da un paio di giorni ormai hanno messo sul tavolo, contestualmente alla minaccia degli emendamenti al Jobs Act sottoscritti da circa 40 senatori, anche la richiesta di un incontro per tentare di comporre la situazione e quindi concordare una posizione unitaria di tutto il Pd. Al momento però, sebbene siano aperti canali di dialogo sia con il ministro Giuliano Poletti (che ieri fatto irritare molti esponenti politici col suo invito a non combinare pasticci sul lavoro) sia con Filippo Taddei (l’economista del partito), la trattativa resta al palo. “Bisogna aspettare che torni Matteo dagli Stati Uniti”, sussurrano, non senza un certo fastidio, i renziani i big della minoranza, Anzi, delle minoranze visto il coro di voci e le dissonanze evidenti su alcuni passaggi relative alle cose da cambiare. Eppure, dicono in molti, il tempo per confrontarsi ci sarebbe.

INTESA DIFFICILE
Renzi da sabato sarà di nuovo in Italia e la Direzione è convocata per lunedì alle 17. Ma, per dirla con Bersani, “la sintesi è possibile, però bisogna volerla”. E la sensazione che prevale tra gli esponenti della minoranza Pd è che il premier potrebbe non aprire il confronto prima di lunedì. Ma chiedere, in quella riunione, il sostegno del Pd ad andare avanti sulla riforma per poi trattare eventuali modifiche in Parlamento. Lo stesso schema del resto è stato adottato per altre riforme. Certo, non depone a favore della linea del dialogo, la voce che ieri girava alla Camera, secondo la quale Renzi avrebbe inviato da New York un sms bellicoso ai suoi: quelli, riferito alla minoranza Pd, me li mangio tutti. Dicono che l’espressione usata sarebbe stata un po’ più greve, ma questo il senso del presunto sms del premier, a quanto si vocifera in Transatlantico.

IL NODO DEL LAVORO
E qui è necessario tornare a Bersani. “Se è possibile una mediazione? Un segretario dovrebbe sempre voler trovare una sintesi…”. L’ex segretario chiama in causa Renzi quando i cronisti gli chiedono se, alla fine, sarà possibile raggiungere un’intesa nel Pd sul lavoro. Per il leader della minoranza, una sintesi “non solo è possibile ma anche abbastanza agevole. Basta volerlo”. E Renzi lo vuole? “Vedremo…”, risponde. Insomma, anche Bersani, tra i più critici alla riforma del lavoro, ritiene “agevole” chiudere un accordo a patto che ci sia la volontà politica di farlo. Da parte di Renzi, ovviamente. La risposta dal fronte renziano non si fa attendere. “Dopo giorni di polemiche, interviste ed annunci di battaglia, Bersani oggi dice che è possibile la mediazione. Basta fare come vuole lui. “Sulla riforma del lavoro deciderà la Direzione del Pd, non l’ex segretario”, taglia corto Andrea Marcucci. Ma c’è chi è fiducioso che si possa arrivare a una composizione prima della Direzione, dove i numeri sono a favore di Renzi. Se tutta la minoranza votasse contro la proposta del segretario si fermerebbe, comunque, attorno al 25-30 per cento del parlamentino Pd. “Penso che ci siano margini di mediazione: sono in corso delle interlocuzioni”, dice Roberto Speranza di Area riformista. Insomma, è la solita storia. Renzi prima propone il piatto, lo fa mangiare ai commensali e poi chiede loro cosa vogliono mangiare. Altro che dialogo…