I sindacati brindano. Nel Jobs Act spunta un regalo ai patronati. Cambia l’iter per dare le dimissioni a danno dei consulenti del lavoro

I sindacati brindano. Nel Jobs Act spunta un regalo ai patronati. Cambia l’iter per dare le dimissioni a danno dei consulenti del lavoro

di Stefano Iannaccone

Tra il governo e i sindacati è tempo di dialogo. E del resto, nonostante qualche schermaglia a distanza, nel Jobs Act c’è una norma che consegna un beneficio per le sigle sindacali e i patronati, colpiti dal taglio nell’ultima Legge di Stabilità: la possibilità di gestire la procedura di dimissioni o di rescissione consensuale del contratto tra il datore di lavoro e un dipendente. “Un piccolo favore”, lo definisce, parlando con La Notizia, Guglielmo Vaccaro, deputato ex Partito democratico e ora iscritto al Gruppo Misto, che ha portato all’attenzione del Parlamento la questione.

DIMISSIONI – Uno dei decreti attuativi del Jobs Act prevede il contrasto alla piaga delle dimissioni in bianco, quella pratica illegale che porta a far firmare – contestualmente al contratto di assunzione – la lettera di dimissioni. La nuova norma ha introdotto un meccanismo che impedisce questo comportamento, muovendosi su due livelli: la comunicazione online o in alternativa il ricorso all’aiuto di un intermediatore esperto della materia. Tutto lodevole, quindi?  Non proprio. Guglielmo Vaccaro ha ravvisato qualcosa che non funziona come dovrebbe. “L’introduzione di tale regime rischia di favorire, ancorché indirettamente, un mercato delle dimissioni”, si legge nell’interrogazione depositata alla Camera. Sì, perché il lavoratore interessato può “avvalersi di un soggetto abilitato (e intermediario) da scegliere tra il patronato, l’organizzazione sindacale, un ente bilaterale, le commissioni di certificazione, con tutto ciò che ne consegue, in favore di tali soggetti, in termini di vantaggi economici diretti”, evidenzia l’interrogazione. E c’è “l’inspiegabile esclusione dei consulenti del lavoro”, denuncia  Vaccaro che sintetizza così il suo pensiero: “O si decide di fare un’operazione completamente telematica oppure si dà la possibilità di rivolgersi anche ai consulenti, oltre che ai patronati”.

DIGITALE LENTO – Come se non bastasse, qualche problema emerge anche per la procedura telematica. Che in teoria si pone l’obiettivo di velocizzare la comunicazione, ma che in pratica finisce per rendere farraginosa l’ufficializzazione delle dimissioni. Per ratificare la decisione servono infatti quattro distinti passaggi: la creazione di un account sul sito cliclavoro.gov.it, con apposita username e password d’accesso; quindi c’è la registrazione al sito dell’Inps per aver il Pin personale, che arriva dopo qualche giorno, in quanto la registrazione viene trasmessa all’utente con posta raccomandata. Poi, il terzo passo, prevede la compilazione di un modello telematico con i propri dati, le informazioni sul datore di lavoro e quelle sul rapporto di lavoro. Infine occorre inviare il tutto al sistema informatico, che fornisce il codice alfanumerico attestante il giorno e l’ora in cui il modulo è stato trasmesso. “Un iter di assai difficile attuazione, oltre che di complessa intelligibilità”, osserva Vaccaro. Perché, nel caso in cui dovesse saltare un passaggio la richiesta viene ritenuta non valida.

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