Kazaki, spie, cento basi Usa. Siamo ancora un paese sovrano?

di Fabrizio Di Ernesto

A quasi settanta anni dalla fine della II Guerra mondiale continuiamo ad essere militarmente occupati dagli Usa. Numeri alla mano nella peni-sola tra basi, radar e centri di ascolto ci sono un centinaio di infrastrutture americane o Nato, in cui operano poco più di 10.000 mili- tari statunitensi.
Il numero di queste basi è aumento in partico- lare negli ultimi 35 anni visto che un rapporto pubblicato nel 1977 dal governo degli Usa riferiva che all’epoca in Italia si trovavano appena 60 installazioni, tutte istituite con accordi in for- ma semplificata. La ragione di questo aumento e la dislocazione di queste basi ha motivazioni geopolitiche. Durante la Guerra fredda le basi militari statunitensi e Nato, che paghiamo contribuendo al bilancio, servivano da deterrente ad una possibile invasione da parte dell’Armata rossa da est ed al controllo di nazioni come la Francia o la Spagna, esterne all’Alleanza; negli ultimi anni venuta meno la minaccia sovietica, il crescere delle tensioni nella regione medio orientale ha portato a una ridefinizione dei nostri compiti. Con la normalizzazione della regione iberica, e il rientro di Parigi nei canoni atlantici ad esempio è stata chiusa la base sarda della Maddalena ma è cresciuto il ruolo ed il peso delle basi siciliane e pugliesi, un esempio concreto di ciò si è visto durante la recente guerra di Libia, in cui gli aerei che andavano a bombardare Tripoli partivano dalla base dell’aviazione di Gioia del Colle.

Da Cameri a Lampedusa

Per quanto presenti in tutto lo Stivale dal Piemonte all’estremo sud, il grosso delle basi attualmente in funzione sono infatti impiantate nel nord-est, tra la Campania e le isole; sostanzialmente inesistenti al centro e lungo la dorsale adriatica. All’interno di questi presidi si trova- no cinque diversi corpi d’armata l’Usaf, ovvero l’aviazione; Navy, la marina; Army, l’esercito, il Nas, National security agency, l’agenzia di sicurezza nazionale, ed infine la Setaf, Southern european task force, l’unità di pronto intervento per il sud Europa. Tra le basi principali troviamo quella di Aviano, dove, come già riportato da La Notizia, si trovano ordigni nucleari, che rappresenta la più grande base avanzata dell’aviazione statunitense, ed è anche il centro delle telecomunicazioni Usaf in Italia. Negli anni ’90 il suo ruolo è cresciuto quasi casualmente. La Spagna aveva deciso di non ospitare più nelle proprie basi gli F-16 e così la rappresentanza locale della Cisl, unico sindacato ammesso nella base, propose di farli stazionare in Friuli. Di lì a poco la base conquistò visibilità ed importanza ai danni di quella tedesca di Ramstein.

La crescita della Ederle

Altro presidio che negli ultimi anni ha visto crescere il proprio ruolo quella vicentina di Camp Ederle, che di recente è stata raddoppiata per ospitare soldati provenienti da basi tedesche non più operative o ridimensionate; rappresenta inoltre un’importante stazione di telecomunicazione interna al sistema difensivo atlantico. La principale servitù militare nelle regioni del centro è sicuramente quella di Camp Darby a Pisa che oltre ad essere la sede dell’unità di pronto intervento per l’Europa meridionale, rappresenta per il Pentagono il più grande deposito logistico del Mediterraneo ed è strettamente legata alla base di Livorno. Queste è una delle prime basi sorte in seguito all’accordo del 1951 e nel corso degli anni è diventato l’arsenale a stelle e strisce in Europa. Da qui sia nel 1991 che nel 2003 sono partiti la gran parte dei mezzi e delle munizioni destinati alla missione militare in Iraq; sempre da qui provenivano più della metà delle bombe scagliate sulla Serbia durante l’operazione militare del 1999. In Sardegna attualmente la base più importante è sicuramente quella di Capo Teulada; questa infrastruttura si estende su circa 100 chilometri di costa resi off-limits per la popolazione civile. Al suo interno si trova il poligono di tiro per le esercitazioni aeree ed aereo navali della VI flotta statunitense e delle truppe Nato in generale. Ovviamente queste esercitazioni vengono compiute con munizioni e bombe vere e ciò determina non pochi problemi di convivenza con la comunità locale. Storica infatti la protesta inscenata tra il 2003 ed il 2004 dai pescatori della zona contro le continue esercitazioni aeronavali che non permettevano a questi di svolgere il proprio lavoro. I pescatori uscirono in mare nonostante il categorico divieto dei militari americani, che addirittura rivolsero contro di loro alcuni colpi, per fortuna andati a vuoto.

Il ruolo della Sicilia

Crescente negli ultimi anni il ruolo della Sicilia per gli Usa, che per via del suo posizionamento geografico è funzionale sia al controllo del Mediterraneo, sia a quello del bacino nord africano sia allo scacchiere mediorientale. A ciò inoltre hanno contribuito anche la crisi economica e l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa. L’Italia, partecipa al bilancio della Nato pagando una propria quota, e più questa è alta più il paese in questione conta a livello decisionale; l’esplodere della crisi economica nel 2008 ha costretto l’Italia ha rivedere al ribasso il proprio esborso. L’allora titolare di Palazzo Baracchini per mante- nere il ruolo ed il prestigio dell’Italia si spese in prima persona per portare in Sicilia i due nuovi progetti cui l’Alleanza atlantica stava lavorando l’Ags ed il Muos.

L’ alliance Ground Surveillance

A Sigonella, si trova la principale base terrestre della marina statunitense nell’area del Medi- terraneo centromeridionale, non a caso i vertici del Pentagono la chiamano the hub of med, ed è il presidio che offre supporto logistico e militare alla VI flotta dell’Us Navy. Attualmente rappresenta uno dei principali programmi al mondo di investimenti in infrastrutture compiuto dalla Marina militare Usa, solo per l’anno in corso il Pentagono ha stanziato più di 830 milioni di dollari. Da pochi anni operano in questa base i Global hawck, aerei, privi di pilota, finalizzati alla ricognizione in volo. Dotati di potenti radar riescono ad individuare tutte le unità, sia alleate sia nemiche, presenti sul campo di battaglia si- ano esse aeree, terre- stri o navali. L’Ags, o alliance
ground surveillance,
è invece un sofisticato sistema aereo
di sorveglianza della
superficie terrestre
realizzato per mezzo di più velivoli, sia
con che senza pilota,
integrato da tutta una serie di stazioni di terra interoperative chiamate ad analizzare meticolosamente i dati raccolti. Chiamato anche “Occhio nel cielo”, questo deve il suo funzionamento a tutta una serie di radar posti sugli aerei che pur volando ad alta quota riescono a scrutare nel dettaglio il territorio sorvegliato e tramite i satelliti collegati trasferiscono tutti i dati raccolti alle stazioni di controllo collegate. Per capirne meglio le potenzialità basta considerare che questo strumento, una volta entrato a pieno regime, riuscirà a permettere l’identificazione delle truppe impiegate sul territorio e quindi a seguire dettagliatamente tutti i movimenti di queste, anche su territori molto vasti o im- pervi. Da segnalare che i Global hawck sono giunti in Sicilia proprio nell’ambito di questo progetto di sorveglianza globale. A Niscemi invece sta sorgendo il Muos, Mobile user objective system, un sistema di comunicazione ad altissima frequenza. Tramite quattro diverse antenne, poste ai quattro angoli del mondo, riuscirà a garantire le trasmissioni di tutte le forze armate statunitensi coordinandole tra loro. Nel piccolo comune siciliano i lavori sono attualmente fermi dopo lo stop deciso dal presidente della Regione Crocetta in attesa che il Tar si pronunci su due diversi ricorsi presentati dal ministero della Difesa. Antenne a parte, sempre a Niscemi si trova attualmente il centro del NavComtelSta, il comando che coordina le attività dell’esistente stazione di telecomunicazione navale del presidio. In pratica è indispensabile per le comunicazioni interne alla marina statunitense.

Napoli a stelle e strisce

Altra città fortemente militarizzata dalle truppe Usa è sicuramente Napoli; qui ha i fatti sede il comando del security force dei marines; la base dei sommergibili statunitensi, in particolare quelli da caccia; il comando delle forze aeree yankee di stanza nel Mediterraneo. Tutto questo nella medesi- ma installazione che ospita anche il porto usualmente impiegato da unità civili e militari americane. Senza dimenticare poi il ruolo dell’aeroporto di Capodichino, dove ha sede il Cincsouth il cui ambito di intervento si estende, metro più metro meno, da Gibilterra fino ai Paesi dell’ex blocco sovietico non ancora entrati a far parte dell’alleanza atlantica. Sempre all’interno di questo scalo civile, utilizzato indifferentemente da truppe dell’Usaf e dell’Us Navy ha sede anche il Cincusnaveur, ovvero il comando in capo delle forze statunitensi in Europa. Da segnalare poi l’aeroporto di Gioia del Colle dotato della facoltà, all’occorrenza, di schierare velivoli dotati di armi nucleari sia della Nato sia degli Usa. Attualmente si trovano in questo sito i caccia Eurofighter che da gennaio del 2009 hanno iniziato ad essere impiegati nel servizio di allarme italiano e Nato a difesa dello spazio aereo locale. Da qui inoltre nel 2011 sono partiti gli aerei dell’Alleanza atlantica impegnati nella guerra in Libia. A Taranto ha invece sede il Maridipart, base giuridicamente sotto il comando italiano ma chiamata a funzionalità logistiche in prevalenza Nato, specie per quanto concerne il rifornimento, la riparazione e il controllo delle operazioni di combattimento. La base navale ospita sia torpedinieri sia sommergi- bili e nei tre diversi siti in cui è divisa possono attraccare “di diritto” navi e sommergibili dell’Alleanza atlantica e ciò perché il recente ampliamento è avvenuto con fondi messi a disposizione da tutto il Patto atlantico.