La Camorra c’è, lo Stato no. Un imprenditore edile costretto a chiudere le proprie aziende dopo “avvertimenti” e intimidazioni. Ministero e Prefettura di Caserta lo ignorano. E dopo 6 anni solo il Tar si ricorda della vittima

di Clemente Pistilli

Costretto a chiudere le proprie aziende a causa delle estorsioni subite dai clan camorristici e dopo aver perso un fratello, ucciso dalla malavita organizzata, un imprenditore edile di Cesa aveva chiesto allo Stato un aiuto. Nonostante Lorenzo Ferriero, protagonista della disavventura, avesse presentato negli anni numerose denunce e le stesse avessero trovato riscontro nelle varie indagini, la Prefettura di Caserta prima e il Ministero dell’interno poi gli hanno negato quel contributo. A “riabilitare” l’imprenditore è ora intervenuto il Tar del Lazio, che ha annullato tutti gli atti con cui il casertano è stato privato del sostegno previsto dalla legge.

Il dramma
La famiglia di Lorenzo Ferriero da lungo tempo subisce intimidazioni da parte dei clan che imperversano nell’agro aversano. Una situazione precipitata nel 2007. Il fratello dell’imprenditore, Cesario, impegnato nelle imprese edili di famiglia, 26 anni e una fidanzata, la notte di Natale del 2007, dopo aver accompagnato a casa quest’ultima con la sua Bmw X5, viene bloccato a Cesa da un commando e ucciso. “La sua unica colpa – dichiara subito la famiglia ai giornalisti – è stata quella di essersi ribellato alla camorra”. Lorenzo Ferriero cerca di andare avanti e inizia a presentare esposti alla Prefettura di Caserta e al Presidente della Repubblica, specificando di essere vittima di atti intimidatori e pressioni estorsive dal clan Mazzara di Cesa, legato al più potente clan dei Casalesi, fazione Schiavone. Il 22 settembre 2008 Lorenzo Ferriero si presenta ai carabinieri e presenta una denuncia, consegnando due lettere con minacce di morte che aveva ricevuto. In una c’è scritto: “Ora siete contenti, ci avete costretti a uccidere pur di non pagare; adesso tocca a Lorenzo fare la stessa fine del fratello”. E nell’altra: “Cosa credete, che abbiamo paura dei carabinieri? Allora non avete capito proprio che sarete annientati. I palazzi e i soldi non vi serviranno. Siete dei morti che camminano”. La situazione non cambia. Tra il 2009 e il 2011 presenta altre denunce, segnalando in particolare una lettera ricevuta il 21 luglio di due anni fa: “Fin Fin (nomignolo dell’imprenditore ndr) si nu’ muort che cammin ancor p’ poc. Om i merd”. Tutto inutile. Il 21 dicembre scorso Ferriero è costretto a chiedere alla camera di commercio di Caserta la cancellazione di tutte le sue società.

Le richieste di aiuto
Nel frattempo Lorenzo Ferriero chiede aiuto allo Stato. Non si è piegato alla camorra, l’ha denunciata e ha fatto da testimone contro i clan. L’imprenditore chiede di poter accedere ai fondi per le vittime di estorsioni, previsti dalla legge n. 44, del 23 febbraio 1999. La Prefettura di Caserta, il Comitato di solidarietà per le vittime di estorsione e usura e infine il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno dicono no. L’Antimafia di Napoli aveva dato parere negativo alla richiesta di Lorenzo Ferriero, sostenendo che il fratello Michele era a capo di un clan camorristico e che l’omicidio di Cesario era da collegare a una guerra tra clan, oltre al fatto che lo stesso Lorenzo era indagato per associazione per delinquere di stampo mafioso.

Il ricorso e la “riabilitazione”
L’imprenditore fa ricorso al Tar del Lazio, specificando, tra l’altro, che l’omicidio del fratello è stato ritenuto dalla stessa Dia non ricollegabile a organizzazioni criminali, che Cesario è stato ucciso perché non si erano piegati ai clan, che lui era costretto a vivere una vita blindata e le sue aziende erano state portate alla chiusura. L’imprenditore evidenzia inoltre che le stesse indagini antimafia hanno riscontrato quanto da lui dichiarato e che lui non era coinvolto in attività criminose. Tesi che hanno convinto il Tar. Per i giudici il quadro emerso non fa emergere “i dati posti a fondamento del diniego del contributo” e al contrario sembra far venire alla luce “i presupposti per concedere l’elargizione”. Il ricorso di Ferriero è stato accolto e tutti gli atti con cui la Prefettura e il Ministero gli avevano negato l’aiuto richiesto come vittima della camorra sono stati annullati, atti tutti bollati come “illegittimi”.