La Sveglia

La carestia calcolata: a Gaza la fame è un’arma

La messinscena quotidiana degli aiuti: la fame, nella Striscia di Gaza, non è un fallimento, è un’arma. Una carestia calcolata.

La carestia calcolata: a Gaza la fame è un’arma

L’idea di “mettere i palestinesi a dieta” non è una provocazione, ma una strategia pianificata. Lo diceva già nel 2006 un consigliere dell’allora premier israeliano Ehud Olmert, e oggi lo confermano i numeri ufficiali. Secondo i dati riportati dal Guardian il 31 luglio 2025, Israele ha calcolato scientificamente quanto cibo serve per tenere in vita la popolazione di Gaza. Poi ha smesso di fornirlo.

Tra marzo e giugno, Israele ha fatto entrare nella Striscia solo 56.000 tonnellate di cibo, a fronte di un fabbisogno minimo mensile di 62.000. Nello stesso periodo, il mondo ha assistito — impotente e complice — alla trasformazione della fame in carestia. Non per catastrofi naturali. Per scelta politica.

La guerra ha reso impossibile l’agricoltura e la pesca. Ogni caloria disponibile a Gaza deve entrare da fuori. Lo sa bene Cogat, l’agenzia militare israeliana che gestisce gli accessi. Eppure, mentre gli esperti ONU certificavano il “peggiore scenario possibile”, il governo israeliano minimizzava, incolpava Hamas, la burocrazia umanitaria, l’ONU, chiunque tranne sé stesso.

Ma è tutto scritto. In passato Cogat stimava 2.279 calorie al giorno per persona, equivalenti a 1,8 kg di cibo. Oggi ne entra meno della metà. Anche durante il cessate il fuoco di gennaio e febbraio, bastarono pochi giorni di rifornimenti regolari per invertire il corso della fame. Eppure a maggio, mentre la crisi esplodeva, Netanyahu si è limitato a riaprire i rubinetti a goccia. Ora promette “aiuti minimi”. Per contenere l’indignazione internazionale, non la carestia.

Nel frattempo, si lanciano airdrop dal cielo, costosissimi e inefficaci. In due anni di guerra, 104 voli hanno garantito cibo per appena quattro giorni. Una messinscena umanitaria utile solo a mascherare il vero colpevole dietro una cortina di logistica. La fame, in Gaza, non è un fallimento. È un’arma. E Israele ne conosce ogni formula.