La Consulta azzoppa Emiliano. Più difficile la scalata al Pd. Il governatore non poteva iscriversi al partito. Può ripartire il processo disciplinare al Csm

Il timore è che il governatore pugliese, Michele Emiliano, sia costretto infine a scegliere tra la magistratura e la politica

Corte costituzionale amara per Michele Emiliano. A poche ore dall’udienza pubblica in cui è stato discusso il ricorso sulla legittimità delle norme che dovrebbero impedire ai magistrati di prendere tessere di partito, la Consulta ha deciso: le disposizioni contenute nel decreto legislativo del 2006 non violano gli articoli 2, 3, 18, 49 e 98 della suprema Carta. E di conseguenza il procedimento disciplinare a carico del magistrato prestato alla politica Emiliano, dovrebbe riprendere da dove si è interrotto. Il legali del governatore hanno già fatto sentire la loro voce lasciando intravvedere la strategia della difesa: faranno le pulci alla decisione, le cui motivazioni saranno rese note solo nelle prossime settimane. Non è stato ancora indicato dalla Consulta il tipo di sentenza di prossima adozione in merito alla dichiarazione di non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’illecito disciplinare che vieta l’iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa dei magistrati ai partiti politici, e pertanto allo stato “non è dunque possibile dedurre contenuti e conseguenze processuali e sostanziali della sentenza, se da intendersi o meno come applicabile in senso lineare a tutti i magistrati collocati fuori ruolo per lo svolgimento di un mandato elettivo”, ha precisato il collegio legale di Emiliano, composto dai professori Aldo Loiodice, Vincenzo Tondi della Mura e Isabella Loiodice.

Al bivio – Il timore, comunque, è che il governatore pugliese sia costretto infine a scegliere tra la magistratura e la politica. In passato, per la verità, Emiliano si era detto indisponibile, a lasciare la toga: “Neanche morto”, aveva detto rispondendo a chi lo incalzava. Dopo quasi 12 anni in cui ha assunto incarichi di responsabilità nel partito regionale fino alla scalata al Nazareno tentata l’anno scorso, il bivio non è di poco conto. Al di là delle valutazioni personali, la decisione della Consulta rappresenta soprattutto una tegola di natura politica per Emiliano specie in questo momento in cui, dopo la batosta elettorale, il vertice del partito sembra più contendibile che mai. In attesa che l’Assemblea del Pd individui il percorso per definire il nuovo assetto del partito ma soprattutto le modalità di scelta della leadership, gli avversari interni di Emiliano non si faranno certo sfuggire l’occasione di pungolarlo, rinfacciandogli lo status di magistrato con la tessera di partito in tasca. Come ha fatto, ripetutamente, in questi mesi, l’ormai ex ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda. Per ora a tentare l’affondo sono i forzisti. “Emiliano, con tutto il suo bagaglio di arroganza e di scorrettezza istituzionale, oggi si è fatto bacchettare anche dalla Consulta – sottolinea il coordinatore regionale di Fi, Francesco Paolo Sisto -. Tutto questo, oltre a confermare la necessità di un ragionamento serio sull’attività politica delle toghe, è la riprova dell’inadeguatezza reiterata e continuata del governatore della Puglia. Viene da chiedersi per quanto tempo ancora Emiliano continuerà ad abusare della pazienza nostra e dei pugliesi”.