La Consulta non ha fretta, ma il Paese sì

di Gaetano Pedullà

Il presidente del Senato ha ragione da vendere. Gli italiani non ne possono più di una politica tanto inconcludente. E mentre il Parlamento cincischia e persino la Consulta è tentata dal rinviare a gennaio la decisione sull’incostituzionalità del Porcellum elettorale, cresce la rabbia contro i partiti. L’Italia affonda e nessuno fa niente. Persino la Corte costituzionale, che dopo mesi di discussione ieri si è trovata sul tavolo la grana della legge elettorale, e a meno di ripensamenti nella notte sposterà al 14 gennaio il suo verdetto. Ora è chiaro che il Porcellum – cioè la nomina dei parlamentari a prescindere dalla scelta dei cittadini, con un premio di maggioranza ideale giusto per i due schieramenti maggiori – piace da morire a quegli stessi partiti che giurano di voler cambiare il sistema. E la Consulta, da cui oggi avremo una decisione o il rinvio a metà gennaio, alla fine potrebbe scegliere di non fare un torto alla casta. Dunque, nonostante ieri nessuno abbia avuto la faccia di difendere il Porcellum davanti alla Corte, di questa legge non riusciamo proprio a disfarci. Tanto che la minaccia di spostare l’iter della riforma dal Senato alla Camera, avanzata ieri da Pietro Grasso, sembra più una provocazione che la mossa capace di convincere i partiti a fare sul serio. E questo perché i numeri alla Camera potrebbero senz’altro incardinare più facilmente la nuova legge, ma poi sempre da Palazzo Madama bisognerà passare. E qui, con i numeri che ci stanno, sarà più facile fare due passi indietro che uno avanti. Per questo lo shock della Consulta può essere determinante. In un Paese in cui le magistrature hanno condizionato e spadroneggiato nella politica, per una volta una decisione potrebbe innescare un processo sacrosanto e virtuoso. Ieri notte i giudici hanno riflettuto. Oggi sapremo se spingeranno subito per cambiare il Paese o prima vorranno mangiare il panettone. Sperando che gli italiani digeriscano anche questa.