La cura Trump affossa gli Usa: prima discesa del Pil dal 2022

I primi effetti della cura Trump sugli Usa: contrazione del Pil dello 0,3% nel primo trimestre, ben al di sotto delle attese.

La cura Trump affossa gli Usa: prima discesa del Pil dal 2022

Se il buongiorno si vede dal mattino, per l’economia statunitense c’è da preoccuparsi. Il debutto di Donald Trump alla guida dell’amministrazione Usa porta con sé la prima contrazione dal primo trimestre del 2022, con il Pil che è diminuito dello 0,3% nei primi tre mesi dell’anno. Proprio quelli dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca. La prima stima preliminare è molto al di sotto delle attese, che parlavano di una possibile crescita dello 0,4%. Ma le cose sono andate diversamente, mentre è stato confermato in rialzo del 2,4% il dato del quarto trimestre 2024.

A pesare sul Pil è soprattutto il boom delle importazioni, con un aumento del 41% (il dato più alto dal 2020) che è arrivato per la decisione delle aziende di anticipare l’entrata in vigore dei dazi. In sostanza hanno anticipato gli ordini per evitare poi di pagare di più le merci importate. Da solo, il dato delle importazioni, secondo alcuni analisti, è costato più di 4 punti di Pil. Ma sembra dire anche un’altra cosa, ovvero che gli Usa non vivono una crisi economica: il boom dell’import mostra che l’economia è vivace, anche se paga le scelte di Trump. Questo dato va insieme a una crescita minima dell’export, il che comporta un’impennata del deficit commerciale, che a marzo ha toccato i 162 miliardi, ovvero la cifra più alta di sempre. L’esatto opposto di quanto sarebbe dovuto succedere, secondo Trump, con i dazi.

La cura Trump affossa la crescita Usa: le ragioni della contrazione

La frenata del Pil dipende anche dalla diminuzione della spesa pubblica, soprattutto quella legata alla difesa. Mentre si chiede ad altri – e l’Italia subito obbedisce – di investire di più nelle armi. Un’altra ragione riguarda il rialzo contenuto delle spese per consumi: +1,8% dopo un +4% nel trimestre precedente. Sui consumi potrebbe aver inciso anche il nuovo aumento dell’inflazione Pce, quella più rilevante per la Fed, che è cresciuta al 3,6% rispetto al 2,4% dei tre mesi precedenti.

Intanto, però, Trump nega – come al solito – la realtà. E si limita ad accusare il suo predecessore, Joe Biden: “Questo è il mercato azionario di Biden, non quello di Trump. Io sono entrato in carica il 20 gennaio. Il nostro Paese avrà un boom ma ci vorrà un po’ di tempo, questo non ha nulla a che vedere con le tariffe, è solo che ci lascia numeri negativi”. Insomma, il presidente Usa chiede pazienza in attesa del boom. Che però gli analisi non vedono. Anzi, agitano lo spettro della stagflazione. Con tanto di rischio anche di un’ulteriore frenata della spesa al consumo e con le preoccupazioni dei consumatori per i posti di lavoro e la discesa della ricchezza. Insomma, altro che boom.