La Difesa affossa le vittime dell’uranio. Avvocati armati con la relazione-shock. Il ministero usa in Tribunale il documento negazionista. Lo staff della Trenta aveva promesso di non farlo

Sul tema dell’uranio impoverito il Ministero della difesa sta andando avanti e ostinatamente in direzione contraria sia a quanto da sempre sostiene il Movimento 5 Stelle che a quanto ha dichiarato lo stesso sfaff del ministro Elisabetta Trenta un mese fa. Altro che battaglie per dare finalmente giustizia ai soldati impiegati nelle missioni in Bosnia e Kosovo, lasciati senza informazioni e senza particolari protezioni in zone contaminate dall’uranio impoverito contenuto nei proiettili utilizzati, e colpiti al rientro da patologie tumorali. Con una relazione redatta da burocrati, firmata dai ministri Trenta e Giulia Grillo, e consegnata alla Camera il 10 maggio scorso, è stato escluso il nesso di causalità tra l’attività svolta dai militari nei Balcani e i casi di cancro, sconfessando così l’esito delle meticolose indagini compiute dalla commissione d’inchiesta Scanu.

Un documento subito utilizzato dall’Avvocatura dello Stato per cercare di negare i risarcimenti alle vittime, che hanno aperto numerosi contenziosi e già ottenuto sentenze definitive che obbligano lo Stato a pagare. Dallo staff della Trenta avevano assicurato a La Notizia che la relazione era un atto dovuto, che non sarebbe stata tenuta in considerazione e che sarebbe stato chiesto all’Avvocatura di non farne più cenno. Ora invece emerge che è lo stesso Ministero a trasmettere quel documento-shock all’Avvocatura, cercando così di evitare altri risarcimenti.

NUOVO CASO. Un appuntato dei carabinieri, reduce dai Balcani e alle prese anche lui con un cancro, ha chiesto al Tribunale del lavoro di Livorno di essere riconosciuto vittima del dovere. I Ministeri della Difesa e dell’Economia e finanze si sono opposti, come sempre, e lo hanno fatto consegnando al giudice Sara Maffei anche la relazione negazionista. L’Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze ha quindi chiesto al giudice di sottoporre quei documenti al consulente tecnico nominato per effettuare gli accertamenti medico-legali. Un’iniziativa autonoma presa dall’avvocato dello Stato, Vittorio Melandri, all’insaputa del ministro? Assolutamente no. In vista dell’udienza a Livorno del 17 luglio scorso, a trasmettere all’avvocato Melandri la relazione-shock è stato infatti lo stesso Ministero della Difesa, informando anche il Viminale, il comando generale dell’Arma dei carabinieri e il Comitato di verifica per le cause di servizio, specificando che quel documento evidenzia l’assenza di nesso di causalità tra le missioni nelle aree contaminate da uranio impoverito e le patologie tumorali di cui sono rimasti vittime diversi reduci. Il contrario insomma di quanto aveva assicurato lo staff della Trenta.

FRONTE APERTO. A dare nuovamente battaglia contro l’atteggiamento della Difesa verso le vittime dell’uranio impoverito è l’Osservatorio militare. “Quanto accaduto al Tribunale di Livorno è la conferma che tutto quanto affermato dalla ministra Elisabetta Trenta in merito alla questione uranio impoverito è solo una gravissima presa in giro”, sostiene il responsabile dell’Osservatorio, Domenico Leggiero, chiedendo un incontro urgente al vicepremier Luigi Di Maio. Leggiero sottolinea poi che, se entro metà settembre il leader pentastellato non incontrerà una delegazione dell’Osservatorio, dal 15 settembre i militari malati sospenderanno le cure oncologiche per iniziare un presidio pacifico davanti a Palazzo Chigi, con la speranza di essere ricevuti dal premier Giuseppe Conte. “Ora la ministro Trenta dovrà rispondere ai famigliari delle vittime e poi, se vorrà, al suo capitano”, afferma sempre Leggiero. Ormai lo scontro è frontale. E anche paradossale pensando che nella commissione Scanu ha lavorato pure il ministro Grillo.