La disciplinare del Csm non decide. Sospeso il procedimento a Ferri. Il renziano ha sollevato dubbi di costituzionalità. E il tribunale delle toghe ha inviato tutto alla Consulta

Dopo i veleni e i rinvii, sul futuro del procedimento disciplinare a carico dei partecipanti agli incontri carbonari per indirizzare i vertici delle procure italiane, più che le certezze crescono i dubbi. Con una mossa che nessuno si aspettava, la disciplinare del Csm ha sospeso il giudizio a carico di Cosimo Maria Ferri (nella foto), parlamentare di Italia Viva e magistrato in aspettativa, per la riunione all’hotel Champagne di Roma del 9 maggio del 2019. Si tratta del famoso incontro intercettato con il trojan nel cellulare del pm Luca Palamara, indagato per corruzione a Perugia, su cui le difese degli indagati da tempo sollevano dubbi di costituzionalità.

Così ieri la disciplinare ha accolto alcune istanze presentate da Ferri e per questo ha disposto l’immediata trasmissione degli atti alle Sezioni unite della Corte Costituzionale. I giudici ermellini, secondo quanto si apprende, dovranno pronunciarsi sulla terza istanza di ricusazione presentata dal renziano e riguardante i consiglieri laici Stefano Cavanna, in quota Lega, e Michele Cerabona, vicino a Forza Italia, in quanto erano già in carica al Csm quando avvenivano i famosi incontri segreti. Ad onor del vero la richiesta di ricusazione, a suo tempo, era stata avanzata nei confronti di tutti i componenti della sezione disciplinare in carica fino al giorno del famigerato incontro all’hotel Champagne e in subordine era stato invocato l’invio degli atti alla Consulta.

A parere della difesa di Ferri, infatti, la questione andava portata all’esame della Corte in quanto la legge sull’ordinamento giudiziario del 2006 non prevede la sospensione del procedimento disciplinare nell’ipotesi in cui il giudice sia anche parte lesa delle condotte contestate, né in caso di ricusazione dell’intero collegio giudicante, con conseguente lesione di principi costituzionali e della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. A dare il via al procedimento, iniziato a metà luglio, è stato il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, che come promesso nelle settimane precedenti ha elencato i capi di incolpazione contestati a Palamara e alla sua cricca. Stando a quanto sostenuto da Salvi, il pm “in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio” ha avuto “un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei colleghi che avevano presentato domanda per il conferimento dell’ufficio direttivo di procuratore della Repubblica di Roma”.

Un comportamento relativo al fatto che “discuteva in particolare in un incontro del 9 maggio 2019 della strategia da seguire ai fini della nomina oltre che con alcuni componenti del Csm anche con Luca Lotti deputato al parlamento nazionale per la quale la procura di Roma ha richiesto il rinvio a giudizio” per il caso Consip. In un altro capo di incolpazione viene contestata anche la presunta “strategia di danneggiamento” verso il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo “correlata ad esigenze di Lotti”. Così contro il procuratore si volevano “enfatizzare”, tramite “dossier”, “vicende ipoteticamente ostative” alla sua nomina a Roma e atte a spostarlo da Firenze dove stava indagando sui genitori dell’ex premier Matteo Renzi di cui Lotti era il braccio destro.