La doppia preferenza non premia le donne. Il Campidoglio è rosa pallido

di Valentina Conti

Nelle liste per le elezioni amministrative della Capitale, oramai agli sgoccioli, c’è sempre lo stesso problema di sempre: le donne. Più o meno come è stato per le scorse regionali, ma anche per gli appuntamenti elettorali che hanno coinvolto Roma e il Lazio negli ultimi anni: un copione che si ripete. Continuano ad essere sottorappresentate. E, soprattutto, le presenze rosa di questa tornata rimangono sempre in quota minoritaria rispetto agli esponenti del sesso forte. E’ così un po’ in tutte le liste. Partendo dal Pdl, che schiera 16 donne su 48, molto meno della metà, mettendo in seconda posizione una donna nota, la vicesindaco Sveva Belviso, e come capolista un maschietto altrettanto noto: Marco Pomarici. E chiudendo con una donna, ovviamente. 19 donne per La Destra, formazione che chiude anch’essa con un nome e cognome femminile, di cui capolista è Pierluigi Fioretti, che non è certo una donna, e non Monica Nassisi, piazzata al secondo posto, comunque in posizione di rilievo. 18 (il 10% o giù di lì) per Fratelli d’Italia che apre con Simona Abate, 19 per Cittadini per Roma, la lista civica che sostiene il sindaco uscente Alemanno capeggiata dal “politico-cattolico” coi sandali Gianluigi De Palo. Non va meglio per il Pd. 17 su 48, che però le schiera tutte in blocco ai primi posti. Da Marta Pirozzi a Serena Visintin.

Una novità di tutta evidenza per i dem rispetto alle regionali del 2013, dove i discorsi di genere sono rimasti pressoché sulla carta, passate agli onori della cronaca per il fatto che Pd e Pdl siano riusciti nell’impresa (non poi tanto ardua) di non eleggere alla Pisana neppure una donna con le preferenze. Non una notizia, visto che la stessa cosa si era verificata nel 2010, quando la rappresentanza pink del Pd in Consiglio regionale fu zero su zero. L’ex assessore all’Agricoltura, Daniela Valentini (prima dei non eletti), entrò solo a motivo della scomparsa del consigliere Mario Di Carlo. Idem per il Pdl, la cui lista si polverizzò per un panino, ma in cui, non mettendo in conto le traversie, le donne erano praticamente ridotte a meteore. La procedura donne tutte di seguito piace anche alla lista di Alfio Marchini sindaco, new entry della competizione alle porte, che punta su 19 signore. Con il nipote di Simona Marchini c’è pure Cambiamo con Roma, 15 donne all’attivo. I Verdi, a sostegno del candidato di centrosinistra Ignazio Marino, vanno meglio sull’argomento: 22 donne su 47, non un’enormità, ma comunque più di quelle presenti nelle liste dei partiti maggiori. 18 per il Movimento Unione Italiano vicino all’attuale Primo cittadino, tra cui c’è pure la criminologa superpresenzialista Roberta Bruzzone. Sel è la lista che presenta più rappresentanti del gentil sesso di tutte: sono 27, tra cui (in terza posizione) c’è Gemma Azuni, unica donna insieme a Patrizia Prestipino, in corsa alle scorse primarie del centrosinistra, quelle che hanno decretato la vittoria del chirurgo dal carattere mite con la voglia (politica, s’intende) di scalzare Alemanno dal trono capitolino. La maggior parte sono disposte in posizioni centrali, il capolista però è Luigi Nieri. Sempre parlando di chi appoggia Marino, sono 23 le donne della lista Cambiamo tutto, che apre in pole position con la direttrice della soprintendenza archeologica di Roma Rita Paris, e si perde inserendo una donna in last position.

I primi tre nomi di Centro Democratico sono donne, le cui candidate sono 21 in totale. 18 per il partito socialista. 17 (su 48) le donne del MoVimento 5 Stelle, capolista un uomo, l’ultima è una donna. Non spiccano di certo per numero di presenze femminili le liste che sostengono gli altri candidati sindaco. Un discorso trasversale. 33 su 94 complessivamente, il 20% scarso, solo per liste Pd-Pdl insieme. 3 liste su 5 per il centrodestra chiudono con una donna, 3 su 6 per il centrosinistra. La partita uomo-donna è praticamente persa in partenza. Così, il prossimo consiglio comunale riprodurrà lo schema simile del passato: tanti maschietti e qualche femminuccia, sempre se dice bene. Almeno stando alle liste la situazione è questa. Però c’è un’ultima spiaggia importante, che stavolta può essere sfruttata a pieno titolo e magari fare la differenza nella prossima composizione (speriamo associata pure a capacità e competenza delle donne che saranno elette). Si voterà per la prima volta con la doppia preferenza di genere. Si potranno quindi esprimere due preferenze anziché una (ovviamente della stessa lista) e la seconda, facoltativa, dovrà essere per un candidato di sesso diverso da quello che si è indicato per primo. Un modo per riscattare le donne dal maschilismo imperante fuori dalla classica retorica. Per capire se per la carica rosa sarà o meno sufficiente l’artifizio bisognerà attendere i risultati. Sempre se i romani non decideranno di passare il prossimo weekend fuori città a prescindere dalle condizioni meteo. E auspicando pure che i maschietti si passino una mano sulla coscienza e non si votino solo fra loro rinunciando alla doppia preferenza. La strada rosa è comunque ancora tortuosa, nonostante la buona volontà.