di Lapo Mazzei
E ora che la giunta per le autorizzazioni del Senato ha detto sì alla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi, con un voto ampiamente scontato, tocca all’Aula di Palazzo Madama scrivere l’ultimo capitolo di un romanzo giallo rosa che rischia di trasformarsi in un dramma. E lì, nell’emiciclo del secondo ramo del Parlamento, che – in termini strettamente parlamentari – si giocherà la vera partita sulla decadenza da senatore di Berlusconi. La strana maggioranza sarà tale anche in occasione del voto, oppure la fiducia concessa dal Cavaliere al governo guidato da Enrico Letta è la cambiale che l’ala dei fedelissimi metterà all’incasso al momento della votazione, soprattutto se questa sarà con il voto segreto? E se il Pd voterà per l’uscita di scena dell’ex presidente del Consiglio, i rapporti di forza con il Pdl, o Forza Italia, sono destinati a cambiare o restare come sono, nella convinzione di voler continuare a tenere separate le vicende processuali del Cav dalle sorti del governo? Difficile prevedere quale strada sceglierà d’imboccare l’uomo di Arcore, visto il colpo di teatro in occasione della fiducia al governo. Altrettanto difficile pensare ad un Pd pronto a farsi prendere a martellate dai propri elettori, armati anche di falce, votando a favore del Cavaliere. Così com’è materialmente impossibile immaginare un Pdl che non vota a favore del proprio leader. Dunque il muro contro muro è pressoché inevitabile. Resta da capire se tutto ciò sarà senza conseguenze oppure sia destinato a riaprire lo scontro. A meno che governo e Quirinale non intervengano, in qualunque modo, per far brillare la mina del voto in Aula, togliendo le castagne dal fuoco sia al Pd che al Pdl. Possibile tutto ciò? Di sicuro è una delle opzioni che si muove dietro le quinte della trattativa fra Quirinale e Palazzo Grazioli, giocata lontano dai riflettori e senza spettatori in platea. Soltanto quando il sipario si aprirà sapremo quale copione reciteranno Pd e Pdl. Nel frattempo c’è da registrare il gioco delle parti. “La decisione della Giunta per le elezioni del Senato non è una bella pagina per la democrazia italiana”, dice il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi , uno dei nomi di spicco dell’ala degli scissionisti del Pdl, “con una accelerazione dei tempi inusitata e sospetta si è preferito far prevalere i pregiudizi, e la volontà di chiudere con questo voto la guerra dei vent’anni contro il nemico politico, rispetto alla verifica della costituzionalità di una legge e della sua applicabilità al caso in esame, verifica peraltro richiesta da fior di costituzionalisti e da politici di rango, come il presidente Violante, non certo vicini al centrodestra”. Ma, al di là delle valutazioni politiche, il nodo resta quello del voto. A contrassegnare la giornata della giunta del Senato, però, non è stato tanto il voto quanto la gaffe del senatore grillino Vito Crimi e il fuoco amico di un senatore del Pdl nei confronti del Cavaliere. Una battuta dell’ex capogruppo del M5S, postata su Facebook, ha provocato una vera e propria insurrezione da parte del Pdl, che per bocca del capogruppo Renato Schifani ha sollecitato l’intervento del presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, Pietro Grasso, chiedendo l’interruzione dei lavori della Giunta. Lo stop non c’è stato, Grasso ha spiegato di non potere intervenire sull’operato dell’organismo già riunito in camera di consiglio, ma ha giudicato il post dell’ex capogruppo grillino “inqualificabile e gravemente offensivo” e ha assicurato che il comportamento del senatore Crimi “verrà sicuramente valutato dagli organi competenti del Senato”. Alla fine però l’episodio non ha avuto ripercussioni sui lavori.