La Lobby sfreccia con Uber. Dalle carte spunta Renzi

Il Guardian rivela gli "Uber Files". Favori e leggi su misura. Dalle carte spuntano Biden, Macron e anche Renzi.

Il Guardian dà lezioni di giornalismo, soprattutto dalle nostre parti dove ogni tanto lo si scambia come megafono del potere, e riesce ad entrare in possesso dei un tesoro di 124mila documenti riservati della società Uber. I dati rivelano come l’azienda di servizio taxi privata, abbia violato la legge, ingannato le forze dell’ordine, sfruttato la violenza contro i conducenti e fatto pressioni segrete sui governi di tutto il mondo.

Il Guardian rivela gli “Uber Files”. Favori e leggi su misura. Dalle carte spuntano Biden, Macron e anche Renzi

I file coprono 40 Paesi e vanno dal 2013 al 2017, il periodo in cui Uber è passata da una coraggiosa startup a un colosso globale, con la forza bruta che si è fatta strada nelle città di tutto il mondo con scarso rispetto per le normative sui taxi. Per facilitare un’indagine globale, il Guardian ha condiviso i dati con 180 giornalisti di oltre 40 organizzazioni dei media tramite l’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ).

Da Mosca a Johannesburg, finanziata con finanziamenti di capitale di rischio senza precedenti, Uber ha pesantemente sovvenzionato i viaggi, seducendo conducenti e passeggeri sull’app con incentivi e prezzi che non sarebbero sostenibili. Uber ha indebolito i mercati dei taxi e ha esercitato pressioni sui governi affinché riscrivano le leggi per contribuire a spianare la strada a un modello di lavoro basato su app e gig-economy che da allora è proliferato in tutto il mondo.

Nel tentativo di reprimere la feroce reazione contro l’azienda e ottenere modifiche alle leggi sui taxi e sul lavoro, Uber ha pianificato di spendere straordinari 90 milioni di dollari nel 2016 in lobbying e pubbliche relazioni, suggerisce un documento. La sua strategia prevedeva spesso di scavalcare i sindaci delle città e le autorità dei trasporti e arrivare direttamente alla sede del potere. I documenti indicano che Uber era abile nel trovare percorsi non ufficiali verso il potere, esercitare influenza tramite amici o intermediari o cercare incontri con politici in cui non erano presenti aiutanti e funzionari.

Quando invece si accendevano le proteste delle aziende di taxi “tradizionali”, secondo i documenti di cui The Guardian è entrato in possesso, Uber si impegnava ad alimentare la narrazione di un sistema di trasporto “antiquato” che voleva impedire il progresso. Tra scioperi dei taxi e rivolte a Parigi, ad esempio, l’ex dirigente Kalanick ha ordinato ai dirigenti francesi di vendicarsi incoraggiando i conducenti di Uber a organizzare una controprotesta con la disobbedienza civile di massa.

Avvertito che ciò rischiava di mettere i conducenti di Uber a rischio di attacchi da parte di “criminali di estrema destra” che si erano infiltrati nelle proteste dei taxi e stavano “creando disordini”, Kalanick sembrava esortare la sua squadra ad andare avanti a prescindere. “Penso che ne valga la pena”, ha detto. “La violenza garantisce il successo”.

Il Guardian ricorda che come fu Parigi nel 2014 il palcoscenico per il debutto europeo di Uber. Nei documenti analizzati ci sono messaggi tra Kalanick e Macron, che avrebbe aiutato segretamente l’azienda in Francia quando era ministro dell’Economia, consentendo a Uber un accesso frequente e diretto a lui e al suo staff. In particolare nonostante i tribunali e il parlamento francese avessero vietato Uber Emmanuel Macron – secondo il Guardian – si mise a disposizione dell’azienda per cambiare le leggi del settore.

Tra i politici compare anche il nome di Joe Biden, all’epoca vicepresidente degli Usa che arrivò in ritardo a un incontro con Uber al World Economic Forum di Davos e che dopo l’incontro con Kalanick modificò il suo discorso preparato a Davos elogiando pubblicamente l’azienda. Nell’anticipazione de L’Espresso compare anche l’Italia con Matteo Renzi. Italy – Operation Renzi – rivela il settimanale – è il nome in codice di una campagna di pressione, dal 2014 e il 2016, con l’obiettivo di agganciare e condizionare l’allora presidente del Consiglio e alcuni ministri e parlamentari del Pd.

Nelle mail dei manager del colosso l’ex premier Matteo Renzi viene definito “un entusiastico sostenitore”

Nelle mail dei manager di Uber Renzi viene definito “un entusiastico sostenitore”. Il leader di Italia Viva però precisa di “non avere mai seguito personalmente” la questione di taxi e trasporti. Tra l’altro non risulta nessun provvedimento del governo guidato da Renzi a favore del colosso californiano. Uber da parte sua ammette di avere compiuto “passi falsi” ma chiarisce di avere “cambiato rotta” con il suo attuale amministratore delegato, Dara Khosrowshahi.

In Italia i tassisti chiedono di sapere “da chi è stato ricevuto il capo di Uber a palazzo Chigi e di cosa si è parlato, in un momento così delicato nel quale, senza alcun apparente motivo, i tassisti sono stati inseriti nel Ddl Concorrenza nonostante la liberalizzazione del servizio non sia prevista dalla Direttiva Comunitaria Bolkestein e tale obiettivo, non è tra quelli necessari da raggiungere per ottenere i fondi europei del Pnrr.

La Lega dichiara che la richiesta “getta un’ulteriore ombra sull’articolo 10 del ddl Concorrenza che qualcuno si ostina a non voler stralciare” e chiedono di “sapere con chiarezza chi ha inserito la norma nel provvedimento e perché”. Per il deputato di LeU Stefano Fassina l’inchiesta “fa un’importante operazione verità sulle ragioni vere di tanta pressione da parte della Commissione europea e di sedicenti governi ‘riformisti’ per aprire il trasporto pubblico locale non di linea alla concorrenza delle multinazionali”. La Commissione Ue attraverso il suo portavoce dichiara che si stanno “raccogliendo informazioni” e “invierà una lettera di chiarimento” a Neelie Kroes, ex commissaria alla competizione”.