La manovra nelle mani delle lobby

di Maurizio Grosso

Alla fine è stato accantonato, dopo un lungo dibattito all’interno della commissione bilancio della Camera, l’emendamento che avrebbe introdotto la riforma relativa alla tassazione delle transazioni finanziarie. L’emendamento è stato sottoscritto e sostenuto da tutti i gruppi parlamentari ma si è infranto contro l’invito al ritiro avanzato a sorpresa dal relatore del ddl Stabilità, Maino Marchi, e dal rappresentante del governo, Stefano Fassina. Visto il contrasto tra i rappresentanti della Camera e l’esecutivo, si è accolta la richiesta del primo firmatario, Luigi Bobba, di utilizzare ancora del tempo per arrivare ad un testo condivisibile.

Il tentativo
La riforma della Tobin Tax, prevista nell’emendamento, tendeva ad abbassare l’aliquota dall’attuale 0,1% allo 0,01%, allargando la base imponibile anche ai prodotti derivati, escludendo i titoli di Stato. Tutti i capigruppo della commissione bilancio sono intervenuti a sostegno dell’emendamento, compreso il rappresentante del Movimento 5 Stelle. “L’obiettivo è condiviso – ha sottolineato il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina – ma la portata dell’operazione è molto rilevante, non è un caso se nessuno stato nazionale ha fatto questa operazione prima di noi”. Bobba ha difeso la proposta. “Le preoccupazioni sollevate – ha osservato il primo firmatario della modifica – non dico che non abbiano fondamento ma non sono decisive per stabilire di accantonare l’emendamento”. Il ministero dell’Economia, secondo quanto spiegavano ieri fonti governative, era già prima della seduta contrario a rivedere una tassa che ha raccolto un gettito largamente inferiore alle attese.

Gettito ridicolo
Il Dipartimento delle finanze, controllato dal dicastero di via XX Settembre, ha indicato nei giorni scorsi in 159 milioni il gettito della Tobin tax riscosso in occasione del primo versamento, dovuto da banche e intermediari finanziari entro il 16 ottobre. Al momento di introdurre in Italia la tassa sulle transazioni finanziarie, l’allora governo Monti aveva stimato in circa 1 miliardo il gettito atteso per l’intero 2013. Per questo in commissione si è provato in ogni modo ad ampliare la portata della tassa, visto il buco che si è creato all’interno dei conti pubblici. In base alla modifica, quindi, si è tentato di far rientrare nel perimetro dell’imposta anche le obbligazioni private e i fondi di investimento, oltre che le azioni e gli strumenti finanziari partecipativi.La Tobin tax all’italiana scatta solo se l’operazione comporta il trasferimento della proprietà ed esclude pertanto il trading intraday. L’emendamento avrebbe mantenuto questa impostazione ma avrebbe previsto un’eccezione: l’imposta si sarebbe applicata “anche alle transazioni che non danno luogo al trasferimento della proprietà a causa di transazioni contrarie aventi stessa data di regolamento”.

La sconfitta
Alla fine, quindi, quasi tutto l’arco parlamentare è risultato sconfitto dal tentativo di estendere la Tobin tax. E come sempre accade in queste situazioni, di fronte agli sconfitti ci sono i vincitori. Che, in questo caso, sono rappresentati dalle grandi lobby della finanza, ovviamente terrorizzate da un’estensione così capillare del perimetro di incisività dell’imposta.