La marcia della pace di Conte fa il pieno di adesioni e mette il Pd spalle al muro. Da Orlando a Sereni si allarga il fronte dem favorevole all’iniziativa. Ma c’è da convincere il soldato Letta

La marcia della pace di Conte fa il pieno di adesioni e mette il Pd con le spalle al muro

Giuseppe Conte non molla e continua a invocare una svolta negoziale che ponga fine al conflitto in Ucraina. “A oltre 7 mesi dall’ingiustificabile ed efferata aggressione russa l’Unione europea – insiste il leader del M5S – non può continuare a proporre come unica strategia l’invio massiccio di armi, senza essere protagonista di una svolta negoziale per la pace”.

Per il Movimento Cinque Stelle il via libera da Roma al quinto decreto interministeriale per la fornitura di armi all’Ucraina brucia come una ferita aperta. Così come brucia la bocciatura in Europa dell’emendamento nel quale si chiedeva un maggiore sforzo a perseguire le vie diplomatiche.

“Vi prego – dice l’ex premier – di leggere con attenzione questa frase: ‘Invita l’Ue e gli Stati membri a vagliare tutte le potenziali vie per la pace e a proseguire gli sforzi per porre immediatamente fine alla guerra’. Rispondetemi sinceramente. La trovate fuori luogo? Anti-atlantica? Filo-putiniana? Ebbene ieri (giovedì, ndr) al Parlamento europeo il M5S si è battuto per introdurre questo emendamento alla risoluzione in discussione, mentre Fratelli d’Italia, Forza Italia, Italia Viva e una parte del Pd (non tutti gli europarlamentari, per fortuna) hanno votato, assieme alla maggioranza del Parlamento, contro questo indirizzo, che puntava semplicemente a impegnare le istituzioni europee verso un sentiero di pace che è l’unica vera alternativa alla pericolosa escalation militare in corso. Un indirizzo che – alla luce dell’inasprimento del conflitto e del rischio di utilizzo di armi nucleari – tutti dovrebbero condividere. È invece passato un paragrafo del testo che invita gli Stati membri a ‘rafforzare massicciamente la loro assistenza militare’”.

Eppur si muove

Ma Conte sa che qualcosa si sta muovendo. Che la sua sollecitazione per una grande manifestazione per la pace “senza sigle e senza bandiere”, “a cui possano partecipare anche gli elettori di centrodestra” perché “la pace non ha colori” non è caduta nel vuoto. La sollecitazione è stata raccolta da diverse forze politiche. Soprattutto quelle della sinistra più radicale, da Unione Popolare di Luigi de Magistris a Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni fino ad Articolo 1.

Non solo. Si è mossa tutta la galassia pacifista delle associazioni, dalle Acli all’Arci. E anche l’Anpi appoggia la mobilitazione. Un primo simbolico sit-in è andato in scena ieri davanti all’ambasciata di Mosca a Roma. Ma la prova generale della grande manifestazione per la pace che potrebbe tenersi in una data simbolica per i movimenti pacifisti, quella della festa delle forze armate, il 4 novembre, ci sarà nel week end tra il 21 e il 23 ottobre quando in decine di piazze italiane si terranno presidi per la pace. Ma qualcosa si muove anche tra gli altri partiti.

Breccia nel muro

Le sirene pacifiste del M5S fanno breccia anche in buona parte del Pd. A fronte di chi come Walter Verini con una punta polemica, commentando la proposta di Conte, ribadisce che sì va bene il negoziato ma bisogna rimanere fermi nella condanna di Putn, molti altri dem si rendono conto che ancora una volta il M5S rischia di schiacciare il partito guidato da Enrico Letta in un angolo intestandosi la battaglia per la pace. Il vicesegretario Peppe Provenzano lo dice apertamente: “Non voglio regalare la parola pace a Conte”.

Ecco quindi il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che invita a parlare di pace “più di quanto l’abbiamo fatto fino ad oggi”. Ancora più netto Matteo Ricci: “Dobbiamo andare in piazza per la pace. Proprio chi come noi ha sostenuto e sostiene senza ambiguità la resistenza ucraina ora deve cercare la pace”, dice il presidente di Ali e sindaco di Pesaro.

Ci va giù duro il governatore della Campania: “L’Italia e i governi non possono più essere una appendice della Nato, una segreteria distaccata del suo generale Jens Stoltenberg che per quello che mi riguarda sta dando prove di grande ottusità politica”, dichiara Vincenzo De Luca secondo cui “abbiamo il dovere di reintrodurre nel linguaggio della politica la parola pace”. Pronta a manifestare per la pace è anche Laura Boldrini per “spingere in direzione di una azione politico-diplomatica volta a far tacere quanto prima le armi”.

Anche se con la collega di partito Alessia Moretti auspica che “nessuno voglia metterci il cappello sopra”. “Sono favorevolissimo a qualsiasi mobilitazione popolare che dica una cosa semplice. Contro la guerra di Putin si lavori per il negoziato. Subito. Siamo sull’orlo di un conflitto atomico e va usato qualsiasi spiraglio. Cerchiamo di rimettere in campo l’Onu. Smettiamola di minimizzare i richiami di Papa Francesco”, dice l’europarlamentare dem Pierfrancesco Majorino.

Infine per la viceministra degli Esteri, Marina Sereni, bisogna riprendere in mano “un dialogo con chi si mobilita per la pace”. Pronto a manifestare senza bandiere è Gianni Alemanno, portavoce del Comitato ‘Fermare la guerra’. “L’appello lanciato oggi da Giuseppe Conte – dice – per una manifestazione unitaria per fermare la guerra in Ucraina, non deve essere l’inizio di una strumentalizzazione politica di un tema così importante. Noi del Comitato ‘Fermare la Guerra’ siamo disponibili a partecipare ad una manifestazione unitaria, purché sia senza simboli di partito e venga indetta dal mondo delle associazionismo, in particolare quello cattolico”.

I pentastellati dunque non sono i soli ad aver fame di pace e fanno proseliti. “Non crediamo – dice Conte – di essere soli in questa battaglia, siamo sicuri che la maggioranza dei cittadini vuole questa svolta. È il momento di far sentire questa voce e di farla contare”.