La nostra diplomazia non si arrende. Ma su Regeni la verità è lontana. Il consigliere al Cairo, Catani sentito ieri alla Camera. “Dall’ambasciata italiana reiterate richieste all’Egitto”

Ha assicurato che il richiamo dell’ambasciatore da parte dell’Italia, dopo l’omicidio di Giulio Regeni, fece pressione sulle autorità egiziane e che lui in prima persona, ad ogni incontro con le autorità del Cairo, chiese sempre collaborazione per arrivare alla verità sull’uccisione del giovane ricercatore friulano. Audito dalla commissione parlamentare d’inchiesta che sta cercando di far luce sulla morte del 28enne, il consigliere d’ambasciata Stefano Catani, già incaricato di affari ad interim in Egitto, ha cercato così di assicurare l’impegno della diplomazia nel risolvere il caso, su cui, tra silenzi e depistaggi da parte dell’Egitto, anche la Procura di Roma non riesce a fare chiarezza.

L’AUDIZIONE. “Il richiamo dell’ambasciatore fu sicuramente una decisione forte e come tale fu avvertita in Egitto. Ebbe certamente effetto nei confronti dell’autorità egiziane”, ha affermato il diplomatico impegnato al Cairo dall’aprile del 2016 al settembre dell’anno successivo. “Personalmente – ha poi aggiunto Catani – non posso dire di avere registrato atteggiamenti nei miei confronti che potessero far pensare ad altro che normali relazioni diplomatiche. I miei contatti erano sempre a livello di funzionari del ministero degli esteri. Agli incontri esterni, riunioni e conferenze a margine dei quali incontravo anche esponenti del mondo politico, reiteravo sempre la nostra richieste di verità per Regeni”.

Una verità che a distanza di quattro anni però non arriva nonostante l’inchiesta aperta dalla Procura di Roma con le ipotesi di sequestro di persona, tortura e omicidio. Giulio Regeni è scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016 ed è stato trovato cadavere il 3 febbraio successivo lungo la strada che collega la stessa capitale ad Alessandria. Sono indagati cinque appartenenti alla National Security egiziana, ma dall’Egitto si sono registrati solo depistaggi. Di recente il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta, Erasmo Palazzotto, ha dichiarato che il Governo ha la responsabilità di esercitare ogni tipo di pressione diplomatica nei confronti dell’Egitto per arrivare alla verità e che, “in assenza di una risposta adeguata dovremo prendere atto della mancata cooperazione giudiziaria e trarne, nei rapporti con l’Egitto, le dovute conseguenze”.

LA DECISIONE. La Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, per poter ultimare il proprio lavoro, ha intanto chiesto al Parlamento altro tempo e il 23 novembre alla Camera inizierà la discussione generale della proposta di legge per prorogare i lavori della commissione. Una richiesta fatta anche per effettuare due missioni, in Gran Bretagna e in Egitto. Palazzotto e altri colleghi hanno poi specificato che le audizioni effettuate hanno consentito di sviluppare un programma di lavoro strutturato e articolato su una pluralità di filoni di indagine, diretti ad approfondire gli aspetti politici, diplomatici, economici e accademici che caratterizzano la tragica vicenda, insieme al percorso investigativo compiuto anche in ordine alla cooperazione giudiziaria italo-egiziana. Ma, considerato anche i ritardi causati negli ultimi mesi dall’emergenza Covid che ha reso più complessa la stessa attività parlamentare, serve altro tempo per fare delle altre verifiche, compiere altri approfondimenti istruttori e nuove acquisizioni documentali. Un lavoro che, insieme a quello della Procura, si spera sveli i troppi misteri.