La Milano del centrosinistra uscita dalle elezioni che portarono nel 2011 Giuliano Pisapia a sindaco di Milano è finita ieri mattina, quando la Procura, convinta di avere in mano le prove del sistema che ha governato l’urbanistica meneghina degli ultimi anni, ha chiesto l’arresto di Manfredi Catella – il Re del mattone di Milano – e dell’assessore Giancarlo Tancredi. Ovvero l’uomo che l’urbanistica milanese l’ha gestita per quasi due decenni, prima come dirigente del Comune, poi come assessore alla Rigenerazione.
Ma a rischiare di cadere, anche solo in questa fase embrionale dell’inchiesta, è l’intera giunta, a partire da Beppe Sala. È il sindaco che da ieri traballa, già pesantemente colpito dal fallimento del Salvamilano e indebolito dai primi “no” della sua maggioranza – fino a ora granitica – alla speculazione sulle aree di San Siro. Ora è arrivata anche la mazzata penale (anche se le accuse sono ancora tutte da dimostrare). Ma gli effetti, quelli, invece si sono iniziati a sentire da subito.
Conte all’attacco di Sala
“Quando si tratta di legalità, di tutelare l’etica pubblica, noi non volgiamo mai la testa all’altra parte”, ha attaccato ieri Giuseppe Conte, “a Milano abbiamo detto quello che poi correva sulla bocca di tutti, ovvero che a Milano c’era, per quanto riguarda i progetti sull’edilizia, opacità, c’era una situazione torbida che adesso sta venendo fuori, quindi nessuno si deve sorprendere”. “Noi col salva Milano – ha aggiunto – abbiamo fatto una battaglia per dire che non si può gestire una città consentendo a speculatori e affaristi di arricchire le proprie tasche a scapito della tutela dell’ambiente, del benessere di tutti”.
Detto questo, ha concluso Conte, “adesso lasciamo che la magistratura faccia il suo corso, noi non entriamo mai nelle vicende giudiziarie, perché quella è responsabilità penale, ma per quanto riguarda la responsabilità politica attendiamo che se ne traggano le conseguenze da chi ha la responsabilità”.
Pedullà: “Deve fare un passo indietro”
Più tranchant l’eurodeputato Gaetano Pedullà: “Il sindaco Sala è responsabile dell’attività della giunta milanese, quindi come tale deve fare un passo indietro, anche nel rispetto dei cittadini e del suo elettorato. Dopo le dimissioni di Bardelli, assessore alla casa, la figura di Sala ha iniziato a scricchiolare, ora siamo giunti al definitivo capolinea”.
Vero, M5s non è in giunta a Milano, ma anche i Verdi, che in giunta ci sono, chiedono un cambio radicale delle politiche: “L’inchiesta della Procura – dice il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli – evidenzia l’urgenza di accelerare verso nuove politiche urbanistiche. Per questo chiediamo che vengano fermati i progetti di rigenerazione urbana, come quelli riguardanti San Siro e Piazzale Loreto. La magistratura faccia chiarezza, ma la politica faccia la sua parte”.
“Milano ha cominciato a perdere la sua anima quando lo sviluppo immobiliare e l’attrattività per gli investitori sono venuti prima dell’inclusività e della città per tutti e tutte. Quando il nome di Catella ha cominciato a diventare più noto e più rilevante di quello di molti assessori. Le vicende di oggi, e le richieste della procura, sono solo un capitolo, forse quello finale, di una storia che poteva essere bellissima e per tutti e invece ha scelto di essere per pochi. Pochissimi, con tanti soldi e poco amore per Milano”, scrive invece la responsabile milanese di Sinistra Italiana, Elena Comelli.
L’imbarazzato silenzio del Partito Democratico
Ma il vero desaparecido è il Partito Democratico. Che è rimasto silente, tramortito, che ieri si è finto morto, se non per la dichiarazione (l’unica) di circostanza, dell’on. Roberto Morassut (“Non commento le inchieste giudiziarie. Mi auguro e sono certo che l’amministrazione comunale di Milano potrà chiarire le cose anche perché il Sindaco Sala è un capace amministratore e soprattutto una persona onesta”). Quel Pd che per anni ha fatto della convivenza con Sala di necessità, virtù. Non l’ha mai contraddetto, anzi l’ha appoggiato, spesso turandosi il naso, per non “perdere Milano”. Cosa farà ora? Non si sa.
La destra non affonda il coltello
E, sorprendentemente, ma solo in parte, nonostante il potenziale scandalo, chi non chiede le dimissioni del sindaco è la destra (che con immobiliaristi e sviluppatori ha flirtato per anni a Milano, tanto da non aver mai contestato alcuna scelta di Sala per l’urbanistica). “Forza Italia non userà mai le inchieste giudiziarie come clava contro gli avversari politici” dice il segretario regionale Alessandro Sorte, “esprimiamo, tuttavia, fortissima preoccupazione per la paralisi Urbanistica che da mesi colpisce il comune di Milano, una città allo sbando con cantieri bloccati. Serve una svolta per trovare velocemente un candidato sindaco che porti la città fuori da questo declino”.
Persino la pasionaria della Lega, Silvia Sardone, si contiene: “le notizie sull’allargamento dell’inchiesta sull’urbanistica a Milano, che ora coinvolge pienamente la giunta Sala, sono preoccupanti. Siamo garantisti, ci auguriamo che tutto venga chiarito e non intendiamo alimentare processi mediatici. Resta però un fatto politico: il sindaco Sala deve spiegare cosa accadeva in Comune”.