Le Lettere

La pace dei vincitori

Tra i pro Pal non vedo salti di gioia per la pace a Gaza. Invece quelli che festeggiano sono i palestinesi.
Isa Marini
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Gentile lettrice, i palestinesi, povera gente, festeggiano perché dalla notte scorsa dormono in tende senza essere bombardati, finché dura. Ma è tutto lì: c’è da essere lieti, ma nessun salto di gioia. Quella di Trump non è una pace, è una tregua. I palestinesi non hanno ottenuto niente e Israele continuerà a fare quello che vuole. Tutti si aspettano che presto o tardi, con un pretesto o incidenti provocati, Israele tornerà a bombardare e sterminare, perché questo è il suo obiettivo. Cosa ha avuto Gaza, oltre la liberazione di alcuni prigionieri? Trump vorrebbe amministrare Gaza con un comitato guidato, si figuri, da Tony Blair, uno che è stato a un passo dall’essere processato come criminale di guerra per aver mentito al Paese sulle presunte armi di distruzione di massa dell’Iraq. Quanto allo Stato palestinese, non si farà, perché Israele non lo vuole e può impedirlo, stante la protezione di cui gode da Usa ed Europa. Neppure uno Stato per due popoli, ebrei e palestinesi, si farà. Anche questo, Israele non lo vuole: gli ebrei sarebbero presto in minoranza per il fattore demografico. Quindi l’unico futuro pensabile, oggi, è che venga cancellato uno dei due popoli, ovvero, per essere realistici, che venga sterminato o esiliato il popolo palestinese: genocidio o pulizia etnica. E per i pochi che resterebbero in vita su territorio israeliano, si prefigura un sistema tipo le riserve indiane in Usa: ghetti definitivi, per l’eternità. È la pace del vincitore. C’è da fare salti di gioia?

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