La proposta dei Cinque Stelle. Dopo i flop regionali la sanità torni statale. Ddl costituzionale della Taverna. Un argine ai danni del Titolo V

Dopo i disastri regionali nella gestione dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da coronavirus, il Parlamento pare proprio voglia prendere provvedimenti seri, addirittura modificando la Carta costituzionale. Nell’ultimo periodo, infatti, sono stati presentati due disegni di legge, uno al Senato e uno alla Camera, in cui la richiesta è chiara: occorre che le competenze in fatto di sanità tornino allo Stato. La proposta di legge più tranchant arriva dal Movimento cinque stelle: il primo aprile, infatti, una flotta di senatori pentastellati, guidati da Paola Taverna (nella foto), ha presentato un ddl di riforma costituzionale riguardante “Modifiche all’articolo 117 della Costituzione, concernenti l’attribuzione allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di tutela della salute”.

LA RIFORMA. Nella relazione che accompagna il disegno di legge, la senatrice sottolinea come il fatto che la sanità sia stata gestita a livello regionale ha creato nette distinzioni nella possibilità d’accesso alle cure nelle varie zone d’Italia. “In base all’ultimo Annuario statistico del Ministero della salute – si legge nel documento che accompagna la riforma Taverna – nel 2017 il Servizio sanitario nazionale disponeva di circa 191.000 posti letto per degenza ordinaria. Nel 2010 erano 245.000”. E tutto questo, ovviamente, ha avuto ricadute sulle differenze tra le varie regioni: “Si passa dai 2 posti letto ogni 1.000 abitanti in Calabria, con 3859 unità, ai 3,5 in Liguria, con 5.484 unità. La Lombardia conta quasi 30.000 posti letto, la Sicilia 11.698”. Ma a mostrare le evidenti crepe di un sistema che non funziona ci ha pensato, come detto, il Covid-19.

“La preoccupante fotografia del nostro sistema sanitario – scrive ancora la Taverna – si tinge di drammaticità in questo momento in cui il nostro Servizio sanitario si sta trovando ad affrontare un’inedita emergenza sanitaria”. Per tale ragione si è posto “un crescente allarme in relazione alla capacità del nostro SSN di reggere il peso di un così improvviso, straordinario e non preventivato afflusso”. In ultima istanza, dunque, secondo la Taverna “si impone al legislatore una seria riflessione che parta dal presupposto che le misure emergenziali siano affiancate da una improcastinabile revisione del Servizio sanitario nazionale”. Tale revisione, però, “non può che prendere avvio da una modifica costituzionale che riporti la competenza in materia di tutela della salute in capo esclusivo allo Stato”. Occorre, conclude la senatrice, “restituire centralità e unitarietà al sistema sanitario nazionale, al fine di recuperare una visione di insieme, superando così l’attuale frammentazione in cui versano i servizi regionali”.

LEGGE BOSCHI. Ma non è tutto. Un’altra idea, più tenue, arriva dalla Camera. A presentare quest’altro ddl è stata Maria Elena Boschi. Anche in questo caso l’idea, però, è di riformare la nostra Costituzione, aggiungendo un comma: “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla competenza legislativa esclusiva statale quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. In questo caso la competenza resterebbe in capo alle regioni, ma in caso di un nuovo Covid, sarebbe lo Stato a riprendere in mano il potere.