La Ravetto non cade nella trappola a 5 stelle

di Vittorio Pezzuto

«Non ho alcuna intenzione di criminalizzare i grillini, regalando loro il ruolo di vittime del regime. Hanno toni e modi inaccettabili ma non cado nella loro trappola» spiega la deputata azzurra Laura Ravetto. «Tra l’altro nel merito avevano tutte le ragioni di protestare contro l’uso della ghigliottina parlamentare al loro ostruzionismo. È stato negato loro, così come a noi, un diritto sacrosanto e la colpa di quanto è accaduto, più che alla presidente Boldrini, va addebitata al governo Letta che ha costretto il Parlamento a un voto in decretazione d’urgenza su due argomenti che non avevano nulla in comune. Però inizio a pensare che la gazzarra che ne è seguita nascondesse qualcos’altro: la frustrazione per non essere riusciti a prolungare l’ostruzionismo per una manciata di giorni. Avrebbero così evitato che l’iter parlamentare dell’Italicum venisse incardinato a fine gennaio e approvato entro febbraio grazie al contingentamento dei tempi previsto dal regolamento della Camera. Comunque, il problema dei colleghi a 5 stelle è un altro».
Quale?
«Il loro autolesionismo. Non partecipando ai lavori della Commissione Affari costituzionali hanno compromesso i loro diritti di forza dell’opposizione. Glielo dico da ex sottosegretario ai Rapporti col Parlamento: col cavolo che al posto loro avrei consentito che il testo arrivasse subito in Aula, senza alcun ostruzionismo. Se non altro perché c’era la possibilità concreta di miglioralo e di far emergere le contraddizioni interne al Pd, nel quale i deputati che vogliono le preferenze superano quelli favorevoli alle liste bloccate. Ci hanno fatto un gran favore, di cui dovranno rispondere ai loro elettori».
Sul punto non hanno finora elaborato una proposta alternativa.
«Non è vero che siano impreparati, se non altro perché alle loro spalle operano signori professionisti. Li muove semmai una strategia ben precisa: evitare di prendere posizione. Sanno che schierarsi significherebbe alienarsi una parte del malcontento popolare e quindi deludere porzioni di elettorato. Ma continuando di questo passo corrono il rischio di trasformarsi in una bolla politica, destinata prima o poi a sgonfiarsi. Vede, vengo anch’io da un partito movimentista nel quale si evita il più possibile la cristallizzazione in gerarchie. Però i miei colleghi grillini rifuggono sistematicamente da ruoli di responsabilità. Grazie alla regola della rotazione trimestrale dei capigruppo, nessuno è in grado di assumersi la responsabilità politica degli atteggiamenti di singoli deputati. E il sistema di delegare al web le decisioni sulle questioni più rilevanti comporta un’assenza di una progettualità politica interna al gruppo che sfocia in mancanza di autorevolezza. Non si sa insomma chi conti al loro interno: chi urla di più? Chi la spara più grossa?».
Renzi li accusa di essere degli squadristi, Corrado Augias li definisce dei “fascisti inconsapevoli”.
«Un fascista è colui che sottrae agli altri anche piccole porzioni della loro libertà di espressione. E quindi corri certamente il rischio di essere definito tale se impedisci lo svolgimento dei lavori parlamentari o ti metti a bruciare dei libri. Osservo però che in questo modo Renzi, Augias e tanti altri a sinistra stanno solo facendo il gioco dei grillini. Loro infatti vogliono essere criminalizzati, fanno di tutto per essere messi all’indice del sistema, desiderano presentarsi all’elettorato come le innocenti vittime del regime. Possiamo batterli sono in un modo: dimostrare che la macchina istituzionale funziona. Non mi riferisco a quella del governo (nel quale ripongo pochissima fiducia) ma a quella parlamentare. Se finalmente dimostriamo di essere utili, loro spariscono. Ecco spiegato perché in questi giorni stanno impazzendo dal nervosismo…».
Altro che nervosismo, sul blog di Grillo si legge ormai di tutto…
«Sono felice di poter disporre di uno strumento come Internet: mi piace interagire, dire la mia, rispondere tempestivamente alle critiche. Purtroppo la Rete ingenera in taluni un convincimento di impunità, la sensazione di poter scrivere qualsiasi cosa anche perché in forma quasi anonima. Per questo vorrei maggiore trasparenza nei profili. Ma mi guardo bene dal proporre vincoli, anche perché da tempo ho capito come difendermi dagli attacchi volgari e sessisti».
In che modo?
«Mi limito a retwittarli, rendendo pubblica l’offesa e l’arroganza dei singoli. Li espongo al giudizio dei miei follower, costringendoli a vergognarsi per quanto mi hanno scritto. Funziona, credetemi».