Vittoria Baldino, deputata M5S, da giornalista la prima domanda che intendo farle è sulla difesa della libertà di stampa a ridosso dell’audizione nelle prossime ore di Sigfrido Ranucci in Vigilanza Rai. Quale lo stato di salute della stampa italiana e come si intreccia alla richiesta di dimissioni del consigliere per il Garante per la Privacy Agostino Ghiglia?
“L’Italia è scesa al 49 posto, perdendo 3 posizioni, nella classifica annuale di Reporters Sans Frontieres World Index. Questo peggioramento è direttamente riconducibile all’azione del governo Meloni con il bavaglio istituito per legge, quella che ha vietato la pubblicazione delle ordinanze cautelari, e con il bavaglio indotto di fatto con i giornalisti che sempre più spesso ricorrono all’autocensura per sfuggire ad azioni legali e richieste di risarcimento intentate dagli esponenti del governo. Mi chiedo che Paese sia quello in cui la stampa viene snobbata, intimorita e quotidianamente delegittimata come è successo a Sigfrido Ranucci, che si è visto decurtare finanziamenti, puntate e repliche di quello che è uno dei pochi programmi di inchiesta rimasti nel palinsesto del servizio pubblico. Che Paese è quello in cui praticamente all’indomani di un attentato terroristico, lo stesso giornalista vittima viene raggiunto da una sanzione per aver rivelato un audio sicuramente di interesse pubblico? Che Paese è quello in cui il consigliere dell’autorità che ha comminato la sanzione viene ricevuto, alla vigilia della decisione, dalla sorella della premier nella sede del partito? Non è un Paese dove i giornalisti e la stampa si possano definire pienamente liberi e tutelati da chi detiene il potere”.
Anche in Europa qualcosa sta muovendosi ed è proprio l’europarlamentare del M5S Gaetano Pedullà, già direttore di questo giornale, a chiedere a Strasburgo un’interrogazione urgente sulle ripetute e sistematiche violazioni della libertà di stampa in Italia. Un’indagine che ricorda in Ue quanto fatto con Orbán. Corriamo il rischio di somigliare sempre più all’Ungheria?
“Oggi sono quasi 300 giorni dall’ultima conferenza stampa della presidente del Consiglio e 390 giorni che la Commissione di Vigilanza Rai è bloccata, ostaggio dei partiti di maggioranza, e non può svolgere le sue funzioni. Stiamo parlando della commissione presieduta dall’opposizione proprio come contrappeso allo strapotere della maggioranza di turno, per vigilare sul rispetto del pluralismo dell’informazione nella tv di Stato. Il nostro è un Paese dove i giornalisti che conducono inchieste sgradite vengono spiati da spyware in uso del governo, dove ai conduttori sgraditi vengono cancellati i programmi televisivi o bullizzati nelle sedi istituzionali, dove il governo continua a nominare i vertici della televisione di Stato nonostante una normativa europea imponga una riforma per garantirne l’indipendenza. Abbiamo già ampiamente superato il livello di guardia”.
Intanto è tempo di Manovra e la presidente Meloni striglia i membri dell’esecutivo sull’utilizzo dei fondi di coesione europei. Poche le risorse, o incapacità di spenderle e perché?
“Le risorse non sono poche, anzi. La sensazione è quella di un Governo seduto su una montagna di soldi, come quelli del PNRR e dei fondi europei, ma che non sa come spenderli. Il dato più sconvolgente è quello 0% rispetto alla spesa dei fondi attribuiti al ministero del Lavoro per la lotta alla povertà. Abbiamo il 10% della popolazione in condizione di povertà assoluta e lo 0% di spesa sui 4 miliardi del programma nazionale cofinanziato da fondi europei per l’inclusione e la lotta alla povertà. Sono incapaci di rispondere alle esigenze del Paese e per nasconderlo distraggono l’opinione pubblica con la continua ricerca di argomenti che inquinano il dibattito. Noi dell’opposizione dovremmo essere più abili a sfuggire da queste trappole e continuare a tenere il governo ancorato sul nervo scoperto: una politica economica, sociale e industriale inesistente, un Paese che arranca e non cresce”.
Si procede però spediti sul fronte delle riforme. Da ultimo è stata approvata quella della giustizia. Come si prepara il M5S alla battaglia referendaria e quali i punti su cui insisterà a difesa del NO?
“Questa non è la riforma della giustizia, ma la riforma per garantire impunità ai politici e ai colletti bianchi. La Magistratura inquisitoria diventerà ancora più inquisitoria, ma non per tutti, perché il disegno è quello che la vedrà assoggettata agli indirizzi del governo, che indicherà quali reati perseguire e quali no e a pagarne le spese saranno come al solito le persone comuni senza santi in paradiso. Non si risolve nemmeno uno degli innumerevoli problemi che affliggono il sistema giudiziario, dai processi lunghi, all’eccessiva burocrazia, alla carenza di organico, alla stessa questione del correntismo nella magistratura, perché l’urgenza del governo non è quella di risolvere i problemi dei cittadini, ma quella di risolvere i suoi problemi. Lo schema che utilizzano è quello della delegittimazione: chiunque si frapponga alla presupposta libertà di comandare indisturbati, che sia la stampa, la Corte dei conti, i giovani che protestano, l’avversario politico o la magistratura, deve essere punito. Con questa riforma si lancia un messaggio pericolosissimo: uno dei tre poteri dello Stato, che dovrebbe garantire un contrappeso politico, viene travolto e la sua indipendenza viene indebolita. Viene stravolto l’equilibrio democratico”.
A proposito di urne aperte, a breve il voto in Campania. Il risultato sarà decisivo per una valutazione della tenuta del cosiddetto campo largo? È una formula che la convince il “testardamente unitari” della segretaria del Pd Schlein?
“L’espressione campo largo non mi è mai piaciuta, ma sono profondamente convinta che le sfide epocali che attendono il nostro Paese nei prossimi anni non si possono affrontare in solitaria. Nessuno può pensare di essere autosufficiente perché i titani che dobbiamo affrontare per poter cambiare il Paese e renderlo all’altezza del ‘progresso’ che proponiamo sono davvero imponenti. Il primo dei titani è l’astensione e la sfiducia nei partiti.
Se non capiamo perché non riusciamo più a parlare alla gente sarà difficile riconquistare la loro fiducia. Quindi io direi che bisogna smetterla di parlare di noi e iniziare a parlare di loro e a loro: a chi è povero pur lavorando, ai giovani che guadagnano il triplo andando all’estero, a chi dopo anni di lavoro non ha una pensione dignitosa, agli imprenditori vessati dalla burocrazia e dalle tasse, a quanti si sentono invisibili agli occhi delle istituzioni. Basta guardarci dentro, dobbiamo guardare fuori”.