La Sveglia

La Roccella e il gran romanzo dei frignoni

La ministra Roccella lamenta la mancanza di democrazia mettendo alla pari la sua posizione che le permette di fare le leggi con quelli che le sue leggi le hanno subite.

La Roccella e il gran romanzo dei frignoni

La vicenda ormai la conosciamo tutti. La ministra alla Famiglia tradizionale Eugenia Roccella, degna rappresentante del partito di Giorgia Meloni trattata in giro per il mondo come un Orbán qualsiasi, si presenta al Salone del libro di Torino e viene giustamente contestata per le sue posizioni antiabortiste che avrebbero fatto schifo già 50 anni fa.

La ministra Roccella lamenta la mancanza di democrazia mettendo alla pari la sua posizione che le permette di fare le leggi con quelli che le sue leggi le hanno subite

Qui inizia il romanzo dei frignoni, maestri nel genere letterario del vittimismo. Un piccola nota prima di iniziare: lamentarsi di essere censurati mentre si è al governo in qualsiasi tempo e in qualsiasi Paese sarebbe una sindrome da affidare alla psichiatria, non potrebbe mai diventare un elemento serio di dibattito politico. Da noi invece va così.

La ministra Roccella lamenta la mancanza di democrazia mettendo alla pari la sua posizione che le permette di fare le leggi con quelli che le sue leggi le hanno subite. In sostanza dice che questo Paese è antidemocratico perché lei ha potuto fare leggi che impattano tutti i giorni sulla vita reale delle persone ma vorrebbe anche essere applaudita ovunque vada, scambiando il Salone del libro per una lunghissima e vastissima puntata di una trasmissione di Bruno Vespa.

“Avrebbero dovuto farla parlare”, dicono i maestri di democrazia con l’anima nera. La democrazia invece è pienamente esercitata: la ministra Roccella ha democraticamente fatto le leggi con il suo governo e quelli legittimamente le urlano in faccia che le sue leggi fanno schifo. L’autoritarismo di questo governo incapace nel proprio ruolo sta nelle faccette di Giorgia Meloni quando le dicono qualcosa di sgradito e nei peana di destrorsi (anche travestiti da liberali) che rivendicano il diritto per Roccella di fare marchette promozionali indisturbata.

“Avrebbero potuto partecipare al dibattito”, dicono. E già. Il dibattito post legem è l’elemosina che dovrebbe accontentare chi si ritrova ad avere la vita stravolta dall’impudico legiferare di questi? Il dibattito in un Paese democratico avviene prima. Dai, su non scherziamo. Contestare il potere è un dovere democratico. Coloro che in questi giorni stanno denunciando la “violenza” dei contestatori sono gli stessi che bastonano la minoranza, corroborando il gran romanzo dei frignoni. Siamo un Paese in cui molti giornali titolano contro i leader dei partiti che on governano, sentendosi alfieri di chissà cosa, quando sono semplici camerieri del potere.

A chiudere il desolante quadretto arriva di corsa la legionaria deputata Fdi Augusta Montaruli che invita il direttore del Salone Nicola Lagioia a “vergognarsi con tutti i soldi che prendi”. Augusta Montaruli è un pregiudicata in via definitiva per avere usato soldi pubblici per fini privati. Passa la buriana e il partito di maggioranza nel Paese sciorina comunicati stampa in cui esulta per essersi tolto di mezzo il direttore Lagioia il prossimo anno. Il prossimo Salone del libro si potrebbe pensare a uno stand dei frignoni, dedicato alla letteratura di genere. In omaggio magari si potrebbe dare un corso accelerato sulla gestione del dissenso.