La Santanchè è da promuovere per farla fuori. Ma l’accordo non c’è. La Camera rinvia la decisione sulla vicepresidenza. E il Pdl compatto insiste: nessun passo indietro

di Lapo Mazzei

Sostiene Daniela Santanché, ormai titolare di una serie innumerevole di soprannomi da far invidia a chiunque, che lei “è abituata a dare piuttosto che a ricevere”. E sarà pure vero. Però non puoi non notare un fondo di narcisismo in quella falsa modestia esternata dalla deputata del Pdl fuori dalla Camera mentre sale sull’immancabile auto blu. Perché il falco del Pdl, la pitonessa di Berlusconi, la vera macchina da guerra del movimento azzurro, quando vuole qualcosa lo ottiene. Sapendo bene come fare. E allora viene il sospetto che questo rinvio del voto per la sua elezione a vice presidente della Camera, altro non sia che un Pit stop tecnico, necessario per mettere a posto le gomme e registrare i freni. Tenerla fuori dall’ufficio di presidenza della Camera, non conviene a nessuno. Soprattutto al Pdl. Prendete Renato Schifani, uno particolarmente attento a misurare pensieri e parole. Per l’ex presidente del Senato con i veti “inaccettabili” posti all’elezione della Santanchè a vice presidente della Camera “si stanno violando le regole della prassi e dell’etica parlamentare”. “Il Pdl, un partito che ha preso nove milioni di voti rischierebbe di non essere rappresentato nell’ufficio di presidenza della Camera e questo sarebbe un vulnus alla democrazia parlamentare e creerebbe malessere in seno alla maggioranza”, ha aggiunto il presidente dei senatori del Pdl. “Non vedo quali colpe si possono imputare alla Santanchè, quello che è accaduto è un fatto grave, è giusto che rimanga nostra candidata” per quella carica. Doppiamente giusto. Tanto che Angelino Alfano rimarca la posizione del partito sostenendo che sulla Santanchè non ci sarà “nessun passo indietro. Anzi, si va avanti”, afferma il segretario del Pdl. Ma davvero dietro a tanta determinazione del Pdl c’è l’esigenza di veder rispettate le regole del gioco? Davvero, come sostiene Schifani, rischiamo un vulnus alla democrazia parlamentare? Oppure dietro tanto attivismo si celano le manovre per chi prnederà in mano le redini del partito? Stando ai rumors interni al Pdl, infatti, ci sono due nodi da sciogliere. L’eccesso di potere di Alfano (vice premier, ministro e segretario del Pdl, cosa mai vista sino ad oggi) e il ruolo di Denis Verdini. Che c’entra il granduca in questa storia, direte voi? Ebbene Verdini e la Santanché, da tempo ormai, marciano e parlano come un suol uomo.

La figura di Verdini
D’accordo su tutto, divisi su nulla, affari compresi. Ecco perché pitonesse aspidi, falchi e colombe, gazzelle e leoni, vogliono la Santanché vice presidente della Camera. Con un ruolo istituzionale da gestire diventa più difficile giocare di rimessa, attaccando tutto e tutti. Ovviamente la partita in atto ha il suo rovescio della medaglia. Dovesse saltare la nomina a vice presidente della Camera la Santanché si troverebbe nella posizione perfetta per chiedere la guida del partito. Ed è quello che l’ala più moderata del Pdl vuole evitare a tutti i costi. E dentro l’ala moderata, riconducibile al segretario Alfano, ci sono coloro che preferiscono tenere in vita questo governo, piuttosto che farlo cadere con un pretesto qualsiasi. Insomma, dietro alla corsa della Santanché, si celerebbe una battaglia senza esclusione di colpi per opzionare la Forza Italia che verrà. Che dovrebbe servire a tagliare le unghie ad Alfano, non a ridare slancio all’elettorato e ad un partito che non c’è mai stato. Insomma, più un vulnus alla democrazia ci troviamo di fronte ai soliti giochi di potere.

Lo slittamento del voto
Quanto alla decisione della maggioranza di far slittare il voto, nessuno vuol drammatizzare troppo, parlando di “regole della casa”. Di fatto, i partiti della coalizione che reggono il governo Letta chiedono a Movimento 5 Stelle e Sel di evitare di contrapporre un proprio candidato, in modo tale che il nome della Santanché passi anche in caso di astensione da parte degli altri gruppi di maggioranza, dal Pd a Scelta civica, tutt’altro che entusiasti della candidatura avanzata dal Pdl. Nel Pd, infatti, in pochi si sentirebbero di votare l’amazzone berlusconiana. Non a caso, un minuto dopo la decisione di rinviare il voto, il giovane turco Matteo Orfini ha twittato: “Uno stop che di fatto mette fine alla candidatura di Santanché”. Già, il problema è che non tocca certo a lui decidere cosa fare, non avendo il potere di dire l’ultima parola. E’ del tutto evidente che, arrivati a questo punto, entrano in gioco le diplomazie di Pdl e Pd, che dovranno stabilire chi cede cosa a chi, in modo da salvare la faccia e le istituzioni.

Le reazioni
Perché, in fondo, ha ragione Francesco Storace, leader de La Desta quando sostiene di far fatica a capire “perché la Boldrini risulti più imparziale della Santanché”. “Non trovo il manuale del politicamente corretto”, chiosa l’ex governatore del Lazio. Arrivati a questo punto mi sa che non lo trova più nessuno. E il Pd, in fondo farebbe meglio ad evitare certe cadute di stile. “La Santanchè non mi sembra che si contraddistingua come una costruttrice di ponti, di tessitrice di tele. Io non dico che sia impresentabile. Ciascuno è presentabile, secondo me”, sostiene il deputato del Pd, Ivan Scalfarotto. “Ma tra 60 milioni d’italiani se c’è una persona che mi viene in mente che non è fatta per unire quella è Daniela Santanché”. Larghe intese già finite? Forse, alla faccia del politicamente corretto…