La solita Europa

di Gaetano Pedullà

Il portavoce della cancelliera Merkel – attenzione, il portavoce – ieri ci ha detto che il patto di stabilità europeo può essere flessibile. L’accordo consente di valutare i singoli casi e permette di allungare i tempi per il rientro nei parametri concordati con Bruxelles. Adesso delle due è buona solo una: o in passato non abbiamo capito niente o è cambiato qualcosa nella notte. Perché fino a ieri il patto di stabilità era un Totem. Sono sprofondate le economie di interi Paesi e c’è gente che si è uccisa per la disperazione. Ora invece, in cambio di un compromesso sulle nomine Ue, il partito della Merkel scopre che il rigore può essere meno rigoroso. Il Pd esulta perché attribuisce questo cambio di passo a Renzi. E così l’Europa può fotterci un’altra volta. Il sacerdote del rigore nei conti pubblici, quel capo dell’Eurogruppo che ci ha massacrato in ogni circostanza, Jean Claude Juncker, ha ottenuto il via libera dei socialisti e si avvia a diventare presidente della Commissione Ue. Solo gli inglesi stanno dimostrando di non avere memoria corta, e contro questa nomina continuano da soli ad alzare un muro sacrosanto. L’Italia invece si fa convincere da un mucchio di chiacchiere, e con altrettante chiacchiere si prepara al semestre di presidenza dietro l’angolo. Le premesse sono i soliti documenti vuoti, con dentro proclami per creare lavoro, spingere la ripresa, far ripartire le economia. Come, con che soldi, con quali deroghe sul deficit e sul debito, però non lo si dice. Sotto il vestito così non c’è niente. La nuova Europa è identica alla vecchia: fumosa, burocratica, attenta agli affari prima che ai popoli. E nessuno meglio di Juncker ne sa qualcosa.