di Fausto Cirillo
Ogni anno lo spettacolo si ripete. Ministri in pellegrinaggio in via XX Settembre per protestare contro i tagli e pietire una qualche attenzione al loro collega dell’Economia, Enti locali e Regioni sul piede di guerra contro le misure draconiane che si stanno per abbattere sui loro bilanci, fibrillazioni interne ai partiti nonché paginate intere su provvedimenti che forse non vedranno mai la luce. Ammettiamolo pure: la stagione della legge di Stabilità, che da qualche anno ha preso il posto della Finanziaria, non porta più con sé quel caotico assalto alla diligenza che è stato uno dei tratti distintivi della Prima Repubblica ma per inerzia trascina con sé coazioni a ripetere e tanta incertezza.
Non farà eccezione nemmeno quella che verrà approvata questa mattina dal Consiglio dei Ministri, i cui contenuti – goccia a goccia – sono stati anticipati nel corso della giornata di ieri. Tanto che è davvero impossibile prevedere quanto del testo originario resterà intatto dopo l’esame a Palazzo Chigi e i successivi, tormentati passaggi parlamentari. Ogni anno si ha quasi l’impressione che alcuni suoi articoli vengano inseriti solo per vedere l’effetto che suscitano nell’opinione pubblica e le categorie interessate, e per essere poi precipitosamente modificati o ritirati se investiti da un’acconcia burrasca mediatica.
Sulla pelle dei cittadini
Il presidente Letta ha garantito che la legge di stabilità sarà pluriennale e «darà certezze a imprenditori, operatori e lavoratori per tre anni». Sarà pure, ma l’unica certezza sembrano essere gli ennesimi tagli draconiani al sistema sanitario regionale: addirittura 2,6 miliardi nei prossimi tre anni. Le Regioni sono insorte compatte e minacciano sfracelli, denunciando come in questo modo verrebbe meno la possibilità di mantenere standard qualitativi accettabili dell’intero sistema. E anche la stessa ministra della Salute Beatrice Lorenzin ha espresso la sua impotente preoccupazione: «Ho detto con grande chiarezza che il Sistema sanitario nazionale non può sopportare i tagli che abbiamo letto sui giornali, da 1,5 a 3 miliardi. La sanità ha avuto tagli per 22 miliardi negli ultimi anni». Saccomanni cerca di placare gli animi: «Alla fine – ha detto – troveremo una soluzione equa per tutti» e già viene il sospetto di una trattativa da venditori di tappeti fatta sulla pelle dei cittadini.
Il governo – oltre a prevedere di accorciare di un anno (da 5 a 4) le scuole di specializzazione di area sanitaria – per il momento ha scritto infatti che gli stanziamenti per la sanità saranno ridotti di 500 milioni nel 2014, 1.040 milioni nel 2015 e 1.110 milioni nel 2016. E oltre la metà dei risparmi si otterrebbero appunto da una ulteriore sforbiciata alla spesa farmaceutica per 660 milioni in tre anni (220 l’anno) attraverso l’ennesima rideterminazione dei tetti di spesa (dall’11,35 all’11,3% per quella territoriale e dal 3,5 al 3,3% per quella ospedaliera). E di nuovo sarebbero tagliati i tetti di spesa per le prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica dei privati accreditati, che passerebbero da un taglio dal 2 al 4% (per 840 milioni in tre anni, 280 l’anno). Ma potrebbero essere anche altri i settori chiamati a contribuire, visto che così all’appello per arrivare al totale di 2,650 in tre anni manca ancora circa 1 miliardo.
E i ticket sanitari?
I governatori aspettano adesso di leggere le carte ma non sembrano rassicurati troppo nemmeno dalla giovane ministra della Sanità, che pure promette di battersi come una leonessa. «Al momento non c’è un rischio del genere» ha comunque risposto a chi le chiedeva, a margine di un convegno, se fossero in previsione aumenti ai ticket sanitari. Ma subito dopo, forse per prudenza, ha aggiunto: «Certo, se i tagli fossero così grandi e fossero confermati, la cosa andrebbe ridiscussa. Vigilerò affinché ciò non accada». Adesso sì che siamo tranquilli.