La triplice

di Gaetano Pedullà

La guardia di finanza ai piani alti del sindacato. Questa volta tocca all’Ugl, con gli uffici perquisiti ieri e il segretario generale sospettato di aver sottratto mezzo milione di euro all’organizzazione. Poteva sperare di farla franca? Certo che poteva, visto che nei bilanci dei sindacati italiani passano ormai tesori immensi. Solo con i patronati e i Caf, i centri di assistenza fiscale, i confederali intascano ogni anno centinaia di milioni. Così gli affari di Cgil, Cisl, Uil, Ugl e molte altre sigle minori vanno a gonfie vele, nonostante gli iscritti tra i lavoratori attivi siano in caduta libera. E non finisce qua. Senza obbligo di pubblicare i bilanci, i sindacati fanno quattrini in ogni modo, anche attraverso partecipazioni in società che lavorano per la pubblica amministrazione. In questo modo la mattina si fa (si finge di fare) battaglia allo Stato per difendere i propri tesserati del pubblico impiego e la sera con questo stesso Stato si va a braccetto nelle gare d’appalto per milioni di euro. Questo giornale denuncia da sempre tali conflitti d’interesse (e c’è costato la querela della Cgil, che ci ha chiesto una somma tale da farci chiudere). Da forza progressista e di tutela dei lavoratori, i sindacati italiani sono diventati forza di conservazione, soprattutto dei privilegi di chi è più garantito. Il Paese è cambiato, ma la triplice (con le sue appendici) è rimasta la stessa. Nessuno sforzo per cambiare pelle, per aprirsi sul serio a un mondo del lavoro rarefatto, dove lo stabilimento ha ceduto il posto alla rete, al virtuale, ai servizi avanzati e da inventare. Così il sindacato ha perso la sua vocazione originale. Ed è diventato una zavorra al cambiamento.