Una settimana al mare, un paio di notti in un agriturismo, una fuga con gli amici: tutto normale, se non fosse che oggi, per un numero crescente di italiani, il prezzo di quelle ferie non si misura più in euro ma in anni. Secondo i dati dell’osservatorio Facile.it/Prestiti.it rielaborati da Legge3.it, solo nel primo trimestre del 2025 sono stati richiesti oltre 100 milioni di euro in prestiti personali finalizzati alle vacanze, con un balzo del 18% rispetto al 2024. La stima sale a oltre 220 milioni considerando il periodo gennaio-maggio. Il prestito medio richiesto? Circa 5.700 euro. La durata media di rimborso? Quattro anni.
Non si tratta di un segmento marginale. L’età media dei richiedenti è 37 anni, con un picco tra gli under 30. A prevalere sono nettamente gli uomini (72%), che chiedono anche importi più alti rispetto alle donne (+13%). La rata mensile, in media, sfiora i 144 euro. Un impegno fisso che, sommato ad altri, può diventare il primo passo verso il sovraindebitamento.
Instagram, tassi e conti vuoti
Come si spiega questa corsa al debito per una spesa che, fino a pochi anni fa, si cercava di coprire con i risparmi? Le ragioni sono almeno tre. La prima è la pressione sociale: l’«effetto Instagram» spinge molti giovani a sentirsi esclusi se non condividono il proprio tempo libero in località fotogeniche. Una vacanza non è più solo un diritto o un piacere, ma un segno identitario. La seconda ragione è finanziaria: il TAEG medio dei prestiti personali online è sceso dal 10,5% al 10,17%, rendendo il credito al consumo leggermente più accessibile. La terza è strutturale: i bilanci familiari restano sotto pressione. Secondo l’ISTAT, nonostante un aumento nominale del reddito del +2,7% nel 2024, il potere d’acquisto reale è cresciuto solo dell’1,3%, e i salari sono ancora sotto i livelli del 2021. Intanto, l’inflazione colpisce soprattutto i beni essenziali.
A completare il paradosso, c’è l’aumento della propensione al risparmio, salita al 9%. Ma si tratta di una media fuorviante: chi può risparmiare lo fa, mentre altri, per non rinunciare alle vacanze, preferiscono accendere un debito piuttosto che toccare i pochi risparmi accumulati. Così, la vacanza a rate si trasforma in un meccanismo di autoinganno finanziario.
Il prezzo del relax
Nel frattempo, oltre 8 milioni di italiani rinunceranno del tutto alle vacanze. Il 69% di chi resta a casa lo fa per motivi economici, mentre una parte crescente sceglie di partire comunque, accettando l’idea di indebitarsi. In Italia, secondo Eurostat, il 31,4% della popolazione non può permettersi una settimana di ferie lontano da casa, contro il 27% della media europea. Peggio di noi, solo Romania, Grecia e Bulgaria.
«Riceviamo sempre più richieste da persone che hanno iniziato con piccoli prestiti, spesso per spese non essenziali, e che oggi non riescono più a uscire dal tunnel del debito» – spiega Gianmario Bertollo di Legge3.it. «Il problema non è fare le vacanze, ma farle senza una reale sostenibilità economica. La serenità non si compra a rate».
Il problema non è più solo individuale. È collettivo. La cultura del «buy now, pay later», la frammentazione dei costi in rate leggere, la normalizzazione del debito per spese voluttuarie creano una fragilità strutturale che nessun indicatore aggregato riesce a catturare. Il sistema appare stabile, ma migliaia di famiglie si muovono sull’orlo della crisi.
La rete invisibile
La Legge 3/2012, oggi parte del Codice della Crisi e dell’Insolvenza, offre una via d’uscita a chi si trova intrappolato. Pochi la conoscono, ancora meno la utilizzano. Eppure consente, in presenza di determinati requisiti, di ristrutturare o addirittura cancellare i debiti accumulati, sotto controllo del tribunale. Un diritto spesso ignorato, perché l’indebitamento, in Italia, è ancora visto come una colpa, non come una condizione da gestire.
Intanto le agenzie di viaggio offrono pagamenti in 4 comode rate, le pubblicità promettono vacanze indimenticabili «senza pensieri» e le piattaforme digitali riducono l’accesso al credito a pochi clic. Ma quando le rate scadono, non basta un filtro per nasconderne gli effetti.