La vera criticità rimane il gender gap sul lavoro. Dal 2010 l’Italia ha recuperato terreno sui partner Ue, ma non basta

Il valore medio degli indicatori di miglioramento dei parametri di parità di genere (2010-2018) appena pubblicati nel Gender equality index 2020, ci dice che in Italia il gap tra i sessi dovrebbe essere colmato nel 2049 mentre nella media dell’Unione europea, che presenta tassi di crescita dimezzati, solo nel 2078. Purtroppo in alcuni parametri importanti le date si invertono: per quanto riguarda la distribuzione ineguale di lavoratori di sesso femminile e maschile tra e all’interno dei tipi di lavoro la parità in Italia ai ritmi degli ultimi 8 anni sarà raggiunta nel 2497.

Questa ricerca – rilanciata dalla newsletter dell’associazione Donne e Futuro, fondata e diretta dalla deputata di Forza Italia, Cristina Rossello (nella foto) – è il fiore all’occhiello dell’Eige-European institute for gender equality (Agenzia dell’Unione europea dedicata al tema della parità di genere) e si fonda su alcuni parametri , monitorati anno per anno, Paese per Paese: lavoro, denaro, tempo disponibile, conoscenza, salute, potere, violenza e, da quest’anno, digitalizzazione. Per l’Italia, complessivamente buone nuove notizie, ma anche qualche pessima conferma. Con 63,5 punti su 100, l’Italia è al 14esimo posto nell’Ue nell’indice sull’uguaglianza di genere (4,4 punti sotto al punteggio dell’Ue). Dal 2010, il punteggio dell’Italia è aumentato di 10,2 punti (+0,5 punti dal 2017).

Il nostro Paese sta dunque progredendo verso l’uguaglianza di genere a un ritmo più rapido rispetto ad altri Stati membri. La sua classifica è migliorata di otto posizioni negli ultimi dieci anni. Tuttavia sono ancora presenti disuguaglianze di genere importanti nell’area della rappresentanza politica (48,8 punti), della disponibilità di tempo (59,3 punti) e nei fattori di conoscenza (61,9 punti). Ma l’ambito nel quale il nostro Paese non riesce a fare significativi passi in avanti è quello del lavoro: l’Italia ha il punteggio più basso rispetto al resto dell’Unione Europea (63,3 punti). Il divario di genere nei lavori a tempo pieno è diminuito nell’Ue dal 2010, e questo riflette la riduzione delle differenze in 15 Stati membri, rispetto a un aumento solo in otto.

Tuttavia, le disuguaglianze sono in peggioramento tra i gruppi vulnerabili, quali i genitori single, le persone con un background migratorio e quelli con un livello di istruzione basso. I progressi nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro non ha portato a cambiamenti sostanziali nei modelli di genere. Il punteggio indice per qualità del lavoro e segregazione è cambiato appena dello 0,3% dal 2010, attestandosi a 64 punti nel 2018. In Italia con il tasso di miglioramento registrato dal 2010 al 2018 (0,7%) raggiungere una piena parità di genere nello specifico parametro della segregazione e qualità del lavoro senza interventi di rilievo impiegherebbe 477 anni. Inaccettabile. Si deve quindi andare in questa direzione in ambito legislativo e regolatorio in maniera decisa poiché è ormai chiaro che le dinamiche di mercato nel nostro Paese sono insufficienti.