L’altra cupola della Capitale. Pure a Roma regna la mafia

di Clemente Pistilli

A Roma c’è la mafia. Come accede a Napoli, a Palermo o a Reggio Calabria i clan dettano legge, controllano il territorio, emettono sentenze di condanna a morte per chi trasgredisce le leggi criminali e ripuliscono il denaro sporco in attività commerciali. Quello che per anni è stato un tabù è ora la convinzione sia della Dda capitolina che del gip Simonetta D’Alessandro che, a distanza di tre mesi dal blitz nell’ambito dell’inchiesta “Nuova Alba”, caratterizzato da 51 arresti e decine di beni sequestrati, ha disposto il giudizio immediato per 28 imputati, protagonisti delle indagini. Una decisione presa perché le prove che da trent’anni, soprattutto a Ostia, le associazioni mafiose gestiscono gli affari sono state ritenute evidenti. Un processo che inizierà davanti alla X sezione penale del Tribunale di Roma il prossimo 17 dicembre.

Retata estiva
L’inchiesta “Nuova Alba” ha preso il via il 21 luglio 2012, quando il litorale venne bloccato per un’ordigno trovato davanti allo stabilimento balneare “Il Capanno”, che rischiava di esplodere. Da allora gli investigatori hanno ricostruito business mafiosi ed equilibri tra clan, scavando a partire dagli anni ottanta. In tale contesto è stato inquadrato anche il duplice omicidio di Giovanni Galleoni e Francesco Antonini, “Bafficchio” e “Sorcanera”, legati un tempo alla Banda della Magliana e uccisi in via Forni il 22 novembre di due anni fa. A irrobustire l’inchiesta sono state poi raccolte le dichiarazioni dei pentiti Sebastiano Cassia, siciliano trapiantato a Roma, e di Gaspare Spatuzza, l’ex uomo di fiducia del capomafia Leoluca Bagarella, implicato nell’omicidio di don Pino Puglisi, nel rapimento di Giuseppe Di Matteo e nella strage di via D’Amelio. “Ostia ce l’hanno i Fasciani e gli Spada”, ha dichiarato Cassia. Analizzati infine i tentativi di mettere le mani sul porto di Ostia, intercettando le comunicazioni ed esaminando i rapporti intrattenuti dallo stesso presidente del porto, Mauro Balini. “La cupola mafiosa è stata decapitata”, hanno dichiarato gli inquirenti il giorno degli arresti, mentre venivano condotti in carcere presunti boss e gregari.

Prove chiare
A distanza di tre mesi dal blitz, il pm Ilaria Calò ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato per 28 imputati. Il pm ha sostenuto che le prove sulla costituzione di associazioni di stampo mafioso a Roma sono evidenti e dello stesso avviso è stata il giudice D’Alessandro. I fratelli Vito e Vincenzo Triassi sono considerati al vertice di un’associazione mafiosa, legata alla cosca Cuntrera-Caruana di Agrigento, impegnata in estorsioni, traffico di armi e droga, riciclando il denaro sporco soprattutto in ristoranti e stabilimenti balneari di Ostia. Affari sporchi che sarebbero iniziati appunto a partire dagli anni Ottanta. Un’altra associazione mafiosa sarebbe poi stata costituita sul litorale, a partire dagli anni Novanta, dai Fasciani, impegnati nelle estorsioni e nei prestiti usurai, nel traffico internazionale di droga e nel controllo di decine di attività economiche, di gare e servizi pubblici. A capo della gang vi sarebbe stato Carmine Fasciani, aiutato dai fratelli Terenzio Fasciani, detto “Garibaldi”, responsabile delle estorsioni e del controllo delle attività economiche, e Nazzareno Fasciani, responsabile del settore dell’usura.