Lampedusa, il mistero dei fondi

di Carmine Gazzanni

Prevenire, si sa, è meglio che curare. Ma spesso, troppo spesso, si preferisce aspettare la tragedia prima di correre ai ripari. Esattamente questo è accaduto dopo il terribile naufragio del 3 ottobre a Lampedusa costato la vita a 366 persone: soltanto dopo la tragedia il governo Letta ha deciso tramite decreto (convertito in legge il 13 dicembre) di istituire un Fondo da 190 milioni di euro per “fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale”. Un atto dovuto, non c’è che dire. E oggi a maggior ragione, dopo il video shock del Tg2 sul Cie di Lampedusa. Eppure, più di qualcosa sembrerebbe non tornare. Sebbene infatti i soldi (tra stanziamenti governativi e fondi europei) non siano affatto pochi, c’è pochissima trasparenza sulla loro gestione. Oppure, peggio, una grossa fetta viene utilizzata per foraggiare l’establishment del Viminale. Con la conseguenza che poi, a conti fatti, rimangono soltanto briciole per affrontare un problema che richiederebbe più denaro e dedizione.

Metà fondo al Viminale
Il testo del decreto ricordato parla chiaro: “al fine di fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale è istituito […] un Fondo con la dotazione finanziaria di euro 190 milioni per l’anno 2013”. Peccato però che di questi 190 milioni ben 95 costituiranno “oneri per il personale” del Viminale. Una cifra incredibile, non c’è che dire. Soprattutto se si pensa che il decreto è di ottobre e il Fondo fa riferimento solo al 2013: è mai possibile spendere per il personale una simile cifra per due mesi e poco più di attività? Qualcosa non torna. Tanto che tempo fa è stato l’onorevole Matteo Bragantini a chiedere spiegazioni al governo tramite interrogazione. Nella risposta del viceministro Filippo Bubbico, però, non si fa alcun riferimento ai 95 milioni di euro per il personale. Insomma, l’establishment del Viminale costa anche quando di mezzo ci sono “esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri”. Ma in che modo e per quali motivi non è dato sapere.

Fondi europei nel caos
In quanto a trasparenza pare proprio che il Viminale non dia un grande esempio anche per quanto riguarda i finanziamenti europei (gli stessi finanziamenti che ieri la Malmstrom ha minacciato di ritirare). Tali finanziamenti, racchiusi tutti sotto il programma Solid, sono suddivisi in quattro diversi strumenti operativi: fondo europeo per i rifugiati, per i rimpatri, per l’integrazione di cittadini di Paesi terzi, per le frontiere esterne. Non stiamo certamente parlando di bruscolini: sul sito internet della Commissione Europea dedicato appunto al programma Solid, sono elencati i fondi destinati all’Italia per l’intera durata del programma (2007-2013): un totale di circa 480 milioni. Peccato però che, come denunciato in un’altra interrogazione da Riccardo Nuti (M5S), “il Governo, oltre a non aver indicato i principali soggetti beneficiari di tali progetti con i relativi finanziamenti ottenuti, ha fornito dati sui fondi ricevuti che appaiono completamente difformi da quelli resi pubblici dall’Unione europea”. Insomma, è il caos più totale.

Il prossimo biennio sarà nero
Tra conti che non tornano e personale carissimo, la conseguenza è che per il prossimo biennio i rubinetti saranno totalmente chiusi. Lo dice il Piano della Performance 2013-2015 del Viminale: se per quest’anno sono stati stanziati circa 43 milioni per “incrementare le azioni di tutela in favore degli stranieri bisognevoli di protezione”, nei prossimi due anni i finanziamenti saranno pari a zero euro. Stessa sorte anche per “sostenere le strategie e le azioni nazionali in materia di gestione dei fenomeni migratori”. Una sorte oscura. Come quella dei migranti.